“Da circa tre generazioni i russi
vivono in appartamenti comuni e in stanze troppo strette,e i nostri
genitori facevano l’amore mentre noi fingevamo di dormire. Poi ci fu
una guerra, fame, padri assenti o mutilati, madri assatanate, bugie
ufficiali a scuola e ufficiose a casa. Inverni duri, vestiti orrendi,
pubblica esposizione dei nostri lenzuoli bagnati durante le vacanze nei
campi estivi, e denunce esplicite di faccende del genere al cospetto di
tutti gli altri. Mentre la bandiera rossa sventolava dal pennone del
campo. E allora? Tutta questa militarizzazione dell’infanzia, tutta
l’idiozia incombente, la tensione erotica (a dieci anni smaniavamo
tutti per le nostre insegnanti) non avevano influito granché sulla
nostra etica, o sulla nostra estetica – o sulla nostra capacità di
amare e soffrire. Ricordo queste cose non già perché ritenga che siano
le chiavi del subconscio e non certamente per nostalgia della mia
infanzia. Le ricordo perché non l’ho mai fatto prima, perché vorrei
che alcune rimanessero – almeno sulla carta. E anche perché c’è più
soddisfazione a guardare indietro che avanti. Il domani è meno
attraente dell’ieri. Per una ragione o per l’altra il passato non
irradia l’immensa monotonia che il futuro promette. Di futuro ce n’è
tanto, e a causa della sua abbondanza è propaganda. Come
l’erba.”
(Fuga
da Bisanzio)