"Il Compagno segreto" - Lunario letterario. Numero 6, dicembre 2003

 


John Donne: otto poesie d'amore tradotte da Cristina Campo e Patrizia Valduga

12.  John Donne predicatore

 


Mirantes, tacitique arrectis airibus astant

 

Mulier taceat in ecclesia, Paolo di Tarso ne converrebbe. Del resto anche Baudelaire e Byron: “bisogna ben nutrirle e ben vestirle […] esse non devono leggere altro che libri di cucina e di pietà. E non unirle mai alla società.” Pensavano forse a suor Juana Inés de la Cruz? Eppure, Mary Askew, già bambina, non faceva che stazionare famelica di sapere nella cattedrale di Lincoln; e al solo scopo di sfogliare la versione Tyndale della Bibbia Romana, incatenata al leggio per augusta volontà di Enrico VIII.

 

Non stupisca un accanimento così sensuale per le parole di fuoco, negli stessi anni, folle limosinanti  mistica accorrevano a Saint Paul per ascoltare Porter, il decano che scandiva stentoreo l’Holy Bible, sconvolgendo le accolite di abbracci ardenti e le lingue di fuoco su su, fin oltre i matronei.

Il fascino del tono predicatorio: quegli imperativi terrifici uniti a profezie agghiaccianti, meditazioni tetre, tortuosi riti espiatori, martellanti lamie di peccati a turbare lo “stolto volgo” e il “popolo donnesco”, irrimediabilmente svenevole, secondo scriveva Muratori nei Precetti di Filosofia Morale. La predica secentesca: tromba terrifica a tracimare la navata contrita di terre e visioni penitenziali.

 

Assicurava Achillini, assiso sotto i cibori bolognesi, che in quei dardi giaculatori rare fossero le lambiccature teologiche: più che altro massiccio esortare, precettistica e catechismo. Su tutto l’eterno baratro del Memento Mori.

Al Pulpito - allegoria della vita degli uomini perfetti - come già l’emerito Esdra, minacciosi si avvicendavano gesuiti, ma anche macilenti cappuccini, dal corpo “confitto e sepolto dentro a' i panni, che a pena si vede, anzi altro non si vede e non si ode che una lana agitata che sgrida, un mantello vocale, un cappuccio che atterrisce, un fuoco che scintilla fuori delle ceneri, una nuvola bigia che tuona spaventi, una penitenza spirante, un sacco di querele che riversa addosso i peccatori.”

 

Fulmini implacabili quei sermoni, ed eco sacramentale di sconcerti, ché “solo nel duplice regno le voci si fanno miti e eterne” (Rilke a Orfeo): oratoria muscolosa, calamitosa e calamitante.

Più raffinata, snobistica, l’arte di Donne, predicatore a Paul’s Cross, Heidelberg, Francoforte e l’Aja. Izaak Walton nella sua biografia ricorda: “Mi par di vederlo eretto sul pulpito dominare non gli orecchi o gli occhi, ma i cuori tutti, mentre noi ascoltatori c’immaginavamo l’aureo Crisostomo fosse tornato in vita, e non ci stancavamo mai di ascoltarlo, finché vedevamo che la sua ora (un’ora soltanto) volgeva alla fine”.

 

Già Eliot aveva notato come la cultura di Donne brillasse esclusivamente di argomenti medievali, affastellamento di conoscenze giuridiche, scientifiche e tomistiche, con in più tutta la patristica e la teologia negativa greca; eppure il cardine d’una tal fede appariva senz’altro barocco: una devozione più psicologica che metafisica: religiosità di sentimento, nutrita di casistica e bello stile, dall’effetto inesorabilmente pirotecnico.

 

Sicché dottrine medievali slegate al loro proprio originario Organon di Pensiero, violentate con dilettantesca indipendenza, al solo fine di renderle “espedienti curialeschi, in vista della loro acconcezza al caso singolo: non di convincimenti metafisici, ma di divertimenti metafisici.” (Praz)

Ecco dunque la ragione d’un Dryden tanto avverso “agli affetti della metafisica” in luogo improprio. Ed ecco nel medesimo caleidoscopio aggrovigliarsi frammenti di scienza e immagini poetiche: un processo di “osmosi mentale” che scaturisce dal fascino dell’oscuro e dell’incomunicabile. Il sistema esoterico dantesco, tarato al millesimo sullo gnomone del mondo, con Donne trasformato in capriccio e Wunderkammer rodolfina. Voracità conoscitiva, bizzarramente irregolare, con cui volteggiare tra testi alchemici, magici, astronomici; e i nomi sepolti di Adriano Zaravia, Didacus de Simancha, Escalante, Stelliola….


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