Dalla
fine degli anni Cinquanta ai primi anni Sessanta Manganelli, quasi sempre in
compagnia di Alfredo Giuliani, frequentava il salotto di Salvatore Rosati
che era stato mio professore di Americano a Roma, e poi si era trasferito
all’Orientale di Napoli. Da Rosati, ogni domenica pomeriggio si bevevo
Martini o whisky: “Un dito in orizzontale o in verticale?” – ricorda
Alfredo Giuliani – e si chiacchierava con inglesi o americani o irlandesi
di passaggio, con qualche jazzista, qualche pittrice, amanti del Belli e di
Norman Douglas, diversi traduttori che si gettavano sull’OED del padrone
di casa, illustre traduttore anche lui. Giuliani traduceva di Eliot, Saggi
sulla poesia e sui poeti (Bompiani, 1959) e in collaborazione con altri Poesie
di Joyce (Mondatori, 1961); Manganelli i racconti di O’ Henry, Memorie
di un cane giallo (Feltrinelli, 1962). Una volta arrivň con un
ritaglio di un giornale inglese della striscia di Bristow, l’impiegato
oblomoviano che parla con il piccione sul davanzale, con la donna delle
pulizie e mai mette mano alle pratiche giacenti. Era deliziato da quell’eroe
di dolce pinguedine e malinconica abulia.
(V.
PAPETTI, Manganelli anglomane, non anglista, introduzione al I vol.
di G. MANGANELLI, Incorporei Felini, Edizioni di Storia e
Letteratura, 2002).