“e tue parole fier le nostre scorte.”
(DANTE, Purgatorio, XVI, 45)
Il più famoso, ça va sans dire, e il più professionale.
Col vantaggio però di ogni pioniere, d’agire in una
terra quasi vergine e in un tempo intonso. Dunque, non
solo per il genio, irripetibile.
Ha intervistato più morti lui nella sua mistica decina di
giorni che Biagi in tutta la vita. - Dante e il Morto
di turno (un principe, un bulimico, una puttana, un
killer, un pigro, un prete): ammirevole irripetibile
compostezza, poiché entrambi sanno sempre bene come
stia la faccenda: intanto chi è il Vivo e chi il
Morto, e poi quanto tempo c’è per dirsi tutto, a
chi spartire eventuali messaggi secondari: minatori,
supplici, perfidi, assolutori… Dante trascrive,
riporta, fatalmente fedele.
Tempo felice? I suoi morti sono sempre informatissimi: dei
vivi sanno più dei vivi stessi: sono meglio di loro
storici, cronisti, pettegoli, profeti, ed hanno più
consigli da dare del Grillo Parlante (altro morto…)
a Pinocchio. A un moderno potrebbero apparire appena
impiccioni.
Non bastasse, sono vanesi, tenendoci moltissimo alla loro
reputazione in questo battito di ciglia che è il
nostro provvisorissimo Universo Mondo.