"Il Compagno segreto" - Lunario letterario. Numero 5, ottobre 2003

 


Interviste impossibili  di Giorgio Manganelli

 

 

 

 

9. Economia del fantolino

 


Ma allora tutte le ciance sull’infanzia come promessa gloriosa tradita, esistenza beata e smarrita, tutte le rivelazioni di Jung e Kéreny e Florenskij sbaragliate da una provvida e “meditata potatura  di una disordinata selva di futuri disoccupati”?

“Riconosco che il bambino è una forza economica rilevante, che è un cliente importante, che per lui si fabbricano oggetti dissennati e costosi. So che molte famiglie vivono grazie a questi traffici, e me ne rallegro, sebbene quei guadagni facciano vivere anche i bambini di quelle famiglie” (Improvvisi).

Ma non era Elio Aristide, e ancor prima il divo Plato nel Filebo, a insegnare che l’adulto può essere “serio e allegro al contempo” solo se vive immerso nella trasognata realtà bambina, in una sorta di inveterato culto di Horo, nel tanto decantato Stupore Infantile, casomai trastullandosi contemporaneamente di “una tragedia e una commedia”? Passatismi edulcoranti?

Hoffmansthal dal canto suo aggiungeva: “solo gli artisti e i bambini sono in grado di concepire la vita come totalità, gli unici cui è lecito dire qualcosa sulla morte che è il prezzo della vita.” E persino Origene, più filosofo che eunuco, commentava da Matteo: “il sapiente è simile al fantolino che gioca davanti alle bare dei genitori morti: l’archetipo della sua purezza”. Ma che Sleale innocenza! Poi uno dice il bambino non è "un animale abbastanza molesto"! (La penombra mentale) Qui è il caso di rovesciare i versi del secentista Traherne, e ben vengano le infanzie assassinate dal miele colmo di punture! Ben venga Erode, il voivoda Vlad, e Gilles de Rais! “Caro direttore, La prego, niente inchini. Suo Erode”.

 


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