"Il Compagno segreto" - Lunario letterario. Numero 3, marzo 2003


 


 

 

12. Confucianesimo

 

Per chi voglia leggere su Kafka in poche pagine tanto, uno dei saggi è quello di Walter Benjamin, ora in Angelus Novus.

A un certo punto si legge una citazione di un libro di Franz Rosenzweig, Astro della redenzione, la cui descrizione dell’“uomo interiore” cinese fa pensare a Benjamin a Karl Rossmann, il giovane protagonista del Disperso (il romanzo che Max Brod intitolò America): Karl è trasparente, puro, “addirittura senza carattere; il concetto del saggio, com’è classicamente incarnato in Confucio, elimina ogni possibile particolarità del carattere; egli è l’uomo veramente privo di carattere, cioè mediocre… Ciò che distingue il cinese non è il carattere, ma tutt’altra cosa, cioè un’elementare purità di sentimenti”. 

Come l’uomo di Confucio, Karl dunque non ha una “psicologia”… 

Per Kundera, che di Kafka è un lettore strepitoso, è proprio questa psicologia pura e semplice come acqua “la” rivoluzione di Kafka, rivoluzione che ci proietta in un universo “postproustiano”:

 

“Per Proust, l’universo interiore dell’uomo costituisce un  miracolo, un infinito che era motivo di continuo stupore. Ma non è questo che stupisce Kafka. Egli non si chiede quali siano le motivazioni interne che determinano il comportamento dell’uomo. La sua domanda è radicalmente diversa: quali possibilità ha ancora l’uomo in un mondo in cui le determinazioni esterne sono diventate così schiaccianti che i moventi interni non hanno più nessun peso? Che cosa sarebbe cambiato, infatti, nel destino e nel comportamento di K., se egli avesse avuto delle pulsioni omosessuali o una dolorosa storia d’amore alle spalle? Niente.” 

 

(M. KUNDERA, L’arte del romanzo).