Sig.na
Felice Bauer. Quando il 13 agosto arrivai da Brod, ella era seduta a
tavola, eppure mi parve una domestica. Non avevo alcuna curiosità di
sapere chi fosse, ma mi ambientai subito. Viso ossuto e vuoto che
mostrava apertamente il vuoto. Collo libero. Camicetta trascurata.
Pareva vestita alla casalinga benché, come si vide in seguito, non lo
fosse. (…) Naso quasi rotto. Capelli biondi un po’ lisci, senza
attrattiva, mento robusto. Mentre mi mettevo a sedere, la guardai per la
prima volta più attentamente, quando fui seduto avevo già un giudizio
quasi incrollabile.
E’
il 1912.
L’incontro
fatale avviene in una circostanza altrettanto fatale: Kafka ha con sé
il manoscritto del suo primo libro, “Meditazioni”. Kafka si
presenta dunque in quella prima occasione a Felice come uno
scrittore.
Felice
è un’impiegata, ha 25 anni, Kafka ne ha 29.
Quando
comincerà la loro corrispondenza, si attenderà ancora di essere
riconosciuto come tale. Sembra che proprio da “Meditazioni” un
potere magico, una radice sotterranea intrecci la storia tra Franz e
Felice, storia in gran parte solo “scritta”: lui a Praga, lei a
Berlino, per sette mesi avranno solo una neppure troppo intensa
corrispondenza. Fu questa distanza colmabile solo dalla scrittura a fare
della felicemente distante Felice qualcosa di irresistibile?
La
scrittura fu fino alla fine l’unico medium attraverso cui Kafka
resiste alla vita, il possibile non-luogo nel quale Franz può
incontrare Felice (ma Felice Franz?).
(Felice
si legge Felìs, alla francese)