Anche
nelle lettere a Milena, Kafka parla più volte della tubercolosi
come qualcosa di buono:
“Anzitutto,
in ogni caso, sdraiati in un giardino e trarre dalla malattia,
specialmente quando non è veramente tale, la maggior dolcezza
possibile. Essa ne contiene molta”;
“In
primo luogo non sono proprio tanto malato, e quando riesco a dormire
un poco mi sento persino bene come non fu neanche a Merano. Le
malattie di polmoni sono di solito le più gentili di tutte,
specialmente in un’estate torrida. Come farò a passare il tardo
autunno, è una questione che si vedrà in seguito”;
…ma,
verso la fine, a proposito di due sanatori: “sono esclusivamente
istituti per cure polmonari, case che da cima a fondo tossiscono e
hanno la febbre giorno e notte, dove si è costretti a mangiar
carne, dove ex carnefici ti slogano le braccia se ti ribelli alle
iniezioni, mentre medici ebrei stanno a guardare lisciandosi la
barba, crudeli come ebrei e cristiani.”