“Il
testamento che nessuno può trascurare, se si occupa di Kafka” (W.
Benjamin), è in un paio di lettere che scrisse a Max Brod.
La
prima è senza data, collocata tra il 1919 e il 1921:
Carissimo
Max,
la
mia ultima preghiera : tutto quello che si troverà nel mio lascito
(dunque nella libreria, nell’armadio della biancheria, nella
scrivania, in casa e in ufficio o in qualunque altro luogo qualcosa
fosse stato trasferito e ti capitasse sotto gli occhi) quanto ai
diari, manoscritti, lettere, altrui e mie, disegni eccetera,
bruciarlo integralmente e senza aver letto, come pure tutti gli
scritti o disegni che tu o altri, ai quali dovrai chiederlo in nome
mio, possediate. Chi non voglia consegnarti delle lettere dovrà
almeno impegnarsi a bruciarle personalmente.
Tuo
Franz Kafka
La
seconda lettera (inverno 1922-23) è più circostanziata:
caro
Max,
forse
stavolta non mi alzo più, dopo il mese di febbre polmonare
l’arrivo della polmonite è abbastanza probabile, e nemmeno il
fatto che io lo scriva la terrà lontana, quantunque abbia un certo
potere.
Per
questo caso dunque le mie ultime volontà circa tutti i miei
scritti:
di
tutto ciò che ho scritto sono validi solo i libri: Condanna,
Fochista, Metamorfosi, Colonia penale, Medico
di campagna e il racconto: Digiunatore. (Le due o tre
copie della “meditazione” possono restare, non voglio imporre a
nessuno la fatica di macerarle, ma di esse niente può venire
ristampato). Se dico che quei cinque libri e il racconto sono
validi, non intendo con questo di avere il desiderio che vengano
ristampati e trasmessi a tempi futuri, al contrario, se andassero
del tutto perduti ciò corrisponderebbe al mio autentico desiderio.
Solo, visto che ormai ci sono, non impedisco a nessuno di
conservarli se ne ha voglia.
Invece
tutti gli altri miei scritti esistenti (stampati su riviste, in
manoscritto o come lettere), senza eccezione…
ecc.
ecc.
(Max
Brod gli disse da subito che non avrebbe obbedito).