Nel
Processo c’è Leni, ed è tutto un universo di turbamenti.
Leni
è l’infermiera-cameriera che offre il proprio corpo ”florido,
flessuoso, caldo…apparteneva a K”; lo offre come se si trattasse
d’una merce, lei stessa è la moneta vivente dello scambio!
Dispone
di sé, come fosse solo un corpo; e lo fa senza rimorsi, senza
pensieri, del tutto dis-pensata, de-pensata.
E
gli dice, poi: “la chiave di casa é questa vieni quando vuoi”;
gli manda baci su baci dalla soglia dell’ingresso, dopo
l’incontro amoroso nello stanzino.
“E
Leni mi cura bene è molto brava” dirà l’avvocato malato di
lei, e noi maliziosi a sospettare… Leni che si fa accarezzare da
K. in quell'ossesso di camera buia asfissiante, si fa accarezzare da
K mentre l'avvocato -anche lui- le accarezza la mano!
In
quell’istante è il guizzo dello scrittore: è lui ad accorgesi
della morbosità del fatto, è lui a notarlo, gettandoci sopra un
faro, l’intero parco luci delle quinte.
Dai
discorsi vaghi generali, le presentazioni, i convenevoli dei
capoversi precedenti, si passa, infatti, con una vibrante staffilata
all'immagine netta, precisa - un fotogramma - della mano
accarezzata.
Sembra
un particolare alla Paolo Uccello, alla Eisenstein... eccolo il
Desiderio irresistibile! Come fosse frammentato in piccole tessere
di mosaico, ognuna è microcosmo della passione, in ognuna si è
nella “sensazione” (Deleuze); lì c’è già tutto:“il gioco
del Fuoco e del Fato…e solo nell’ora amara delle offese, da una
lontananza irrevocabile, ne traluce un angelo triste” (A. Blok)