"Il Compagno segreto" - Lunario letterario. Numero 2, gennaio 2003


 


 

 

2. Come riconoscere l'amore vero

Stendhal lo chiama sempre “amore-passione”. Non facciamoci ingannare dalle parole: rispetto agli “amori” figli solo del capriccio, del desiderio fisico e della vanità, l’amore-passione non è che un caso di omonimia. Soprattutto per vanità – che è il sentimento opposto all’amore! -, succede infatti un’infinità di volte di credersi innamorati; ma è lo stesso gioco delle prostitute che, bisognose di un nome da blasone, presero a chiamarsi “cortigiane”: 

Eloisa vi parla d’amore, un bellimbusto vi parla del suo amore: non vi accorgete che le due cose hanno in comune soltanto il nome? (Framm. 157). 

L’amore-passione si riconosce perché, quando ci prende, “ci travolge contro tutti i nostri interessi”. L’innamorato, l’essere meno politico che ci sia, è uno sperduto: travolto dalla passione, non sa più come comportarsi: è dunque timido, patetico, e goffo, e quindi, da un punto di vista strettamente tecnico – quello che sa avere sempre presente un libertino – sbaglierà tutto.

Allo stesso tempo è un temerario, e, del tutto incapace di calcolare ragionevolmente rischi e benefici, si avventura nel gravemente imponderabile, nell’altamente improbabile: “L’amore è un fiore delizioso, ma bisogna avere il coraggio di andare a coglierlo sul ciglio di uno spaventoso baratro.” (cap. XLI). Da ciò altissimi rischi e, per gli audaci fortunati, incredibili premi.