"Il Compagno segreto" - Lunario letterario. Numero 2, gennaio 2003

"L'Amore" di Stendhal Da Henri Beyle a "Stendhal"

S.F.C.D.T.


 

Södemark, Stendhal

 

Sta per : «Se Foutre Carrément De Tout»; se non si fosse capito : «Fottersene Caramente Di Tutto». 

E’ la sua risposta-mantra da opporre a ogni umiliazione e a ogni dolore. Stendhal la scriveva dappertutto: nei manoscritti, le lettere, gli appunti… districarsi dal male saltando avanti, tenendosi su grazie a un certo sfrontato, dissennato, allegro “amor di sé”, o almeno di quanto “amor di sé” può ancora manifestarsi nella vita che resta davanti.

In fondo, uno dei pochi veri poteri dell’Io di Stendhal è di poter tagliare anche i ponti con la realtà; lui, ateo, machiavellico, disincantato, cinico, rivendicò sempre il “diritto” di vivere di fantasie sentite più vere di qualunque altra cosa: non è Don Chisciotte uno dei suoi libri?

Un altro dei suoi mantra era infatti “della verità me ne fotto”, e anche: “Me ne fotto di essere assurdo”.

 Sotto le mille maschere dei suoi perenni carnevali sociali c’era dunque una certezza davvero dongiovannesca: che la verità è – e di gran lunga - meno interessante del piacere. Come per Leopardi – altro iceberg incongruo d’un Settecento troppo “inattuale” per sopravvivere indenne nel mare caldiccio del nuovo Secolo Serioso – la verità per Stendhal è un mucchietto di scarabattole inservibili: la morte, la stupidità vanitosa degli ometti che tutti siamo, l’oscenità di

quel feticcio d’accatto che è il potere, vitello d’oro della folla dei dementi: meglio mettere il tutto tra parentesi, fare “come se” tutto ciò non fosse: amando donne, musiche, quadri, Shakespeare… vivere, finché si può, esteticamente, e cioè altrimenti: da ‘farfallone amoroso’ che svolazza fuori e dentro della gabbia di matti che sempre di più è il mondo.

E, quando la gente si ostina e dà noia, divertirsi  a sparigliargli i giochi, per scovarne l’imbarazzo, gli sguardi persi, i tentativi di aggrapparsi a un altro discorso…

 

 

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