All’inizio,
De l’Amour
doveva essere, come lo era
Il Principe
dell’amato Machiavelli della politica, una quintessenza
dell’amore: passione da riconoscere e inchiodare alle sue, per
quanto mascherate, leggi essenziali. Doveva dunque essere tutto
contenuto in una
plaquette
di non più di una trentina di
pagine, stampata con gran cura in pochi esemplari: massimo cento…
Calcolò
che sarebbe bastato venderne una trentina per rientrare dai costi:
sarebbero rimaste trenta copie da offrire a festose donne di mondo, le
altre da centellinare alle anime care. Ma i calcoli erano sballati: ci
volevano più soldi e una tiratura superiore: almeno 500 copie.
Stendhal
non disarmò: accettò in cuor suo la spesa mantenendo intatte le
proporzioni tra le copie da vendere, quelle per i suoi “happy few”
e quelle da offrire alle “sgualdrine alla moda”: - perché no? Il
libro scritto per una donna impossibile sarebbe almeno stato buono per
seduzioni consolanti di qualche altra: l’innamorato come un bricoleur,
che ricicla autentici – ma pur passati! - dolori wertheriani per la
vita, e gli amori, a venire… almeno così immaginava.
Intanto
il manoscritto si era fatto ben più smisurato. - Luglio 1820: il
libro è “finito”, anche se Stendhal avrebbe amato, come Picasso,
l’idea che un’opera non è mai conclusa ma sempre solo interrotta
(e a questo la ridusse, anni dopo, nei “Ricordi di egotismo”:
a un libro interrotto).