“Tutti dicevano che ero troppo
piccola per andare a scuola. La mattina presto d’inverno, strizzavo
gli occhi, e le mie piccole lacrime trasformavano i pallidi
riverberi delle strade in lunghi fasci scintillanti di luce. Ogni
mattina giocavo a questo gioco, e il pianto sgorgava con facilità.
In realtà non sarebbe stato necessario piangere: il vento e il
freddo erano più che sufficienti. Conoscevo tutte le saracinesche
chiuse di tutti i negozi, tutte le pietre sporgenti su cui saltare
(a piede zoppo, talloni uniti e gambe incrociate) o scivolare, se di
notte aveva nevicato. Altrettanto familiari erano per me le mie
emozioni: la certezza di aver perduto la mia preziosa libertà, la
paura degli insegnanti e delle punizioni, la paura della
solitudine…”
(M.
DIETRICH, Marlene D)