"Il Compagno segreto" - Lunario letterario. Numero 11 settembre 2005
Marlene Dietrich: parole per la Musa |
6. Triangoli
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-Ci conosciamo solo da ieri e… - Succede anche a me. (da: E. Lubitsch, Angelo)
Lo scambio di battute che confessa. con quella delicata sospensione della prima frase poi, l’affinità elettiva è tra due signori (Melvin Douglas e Herbert Marshall) eleganti ricchi, eterosessuali, che non sanno che stanno andando a letto con la stessa donna. - In Angelo (1937) il triangolo rasenta infatti la simmetria che ritroveremo – ma ben fuori delle trappole del codice Hays - forse appena in Jules e Jim (1962) di Truffaut. Questo il plot: l’attrazione fatale tra la londinese Lady Barker (Marlene Dietrich) e l’uomo di Parigi (Melvin Douglas) ha per controcanto l’amicizia altrettanto fulminea che nasce tra il suo amante e il marito di lei (Herbert Marshall). I due uomini, conosciutisi in circostanze del tutto estranee ma coincidenti alla perfezione con l’avventura della donna, sono del tutto ignari del legame che in realtà li unisce. Per i due uomini, intanto, quello che si è rivelato è un colpo di fulmine d’amicizia, il riconoscimento elettrizzante di un doppio necessario. I due scoprono persino – occorre Freud per riconoscere il senso di queste trame? - di aver condiviso durante la guerra, e sempre a Parigi, i favori di una modista. Ignari di quanto siano in realtà legati e antagonisti, se ne compiacciono. Il triangolo tra Marlene, il marito e l’amante ha dunque tutti i lati attivi, allo stesso tempo sordi l’uno per l’altro: l’amante di Marlene, entusiasta e ecolalico come un Werther, offre per esempio del suo Angelo una descrizione che il marito giudica “minuziosa” senza che però lui neppure intuisca che quella sia sua moglie… Il marito invita l’amico a pranzo. E’ solo per questo caso, inopinato e irresistibile, che Lady Barker e il suo amante si rivedono. - Del pranzo non vedremo niente e sapremo tutto grazie a una delle elisioni più famose della storia del cinema: i domestici, fuori della sala da pranzo, commentano come i tre commensali restituiscano ognuno il proprio piatto - particolarmente succulento - di carne: il marito ignaro ha mangiato tutto di buon appetito, Marlene ha lasciato il piatto intatto, Melvin Douglas ha passato il tempo di quel supplizio riducendo la bistecca in piccoli quadratini tutti uguali. *°* Bucare la scena madre – in Angelo tutte! - è un dono dei grandi, e una delle firme di Lubitsch. - Truffaut ha trovato la frase perfetta quando ha scritto che “Lubitsch è una gruviera dove ogni buco è geniale”. – Questa mancanza qui è sistematica. Cosa accada per esempio nella casa di appuntamenti in cui Marlene e Douglas si incontrano la prima volta è non più che lasciato immaginare a spettatori che, per una lunga carrellata da fuori della casa, possono appena fantasticare, davvero come guardoni esclusi, sulle cose proibite che neppure le tende scostate alle finestre permetterebbero di intuire. Non si intravede infatti nulla, ma è’ proprio il fatto che Lubitsch ci tenga fuori, il fuoricampo del film, quello che deve fa pensare che quella casa sia diversa da tutte le altre. L’occhio del film, mirabile discreta precisione, ricrea una “geometria rigorosa e reticente” (G. Fink). - Eccolo, il “maestro come Hitchcock della messa in scena maniacalmente disegnata e concertata eppure appoggiata sull’intervento complice dello spettatore, sulla sua correzione e rielaborazione del sogno” (E. GHEZZI, Ritocchi di Lubitsch, postfazione a L’ultimo tocco di Lubitsch). |
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