“Fui costretta a cambiare nazionalità
quando Hitler prese il potere.
Altrimenti non l’avrei mai fatto.”
(M. DIETRICH, Marlene D.)
“Hitler...
distrusse tutte le copie del film [L'angelo azzurro]
tranne una, che
si faceva proiettare privatamente con gran godimento:
adorava le
ballerine, e Lola-Lola, con la birra e il gonnellino
sollevato, era
per lui il culmine dell'erotico.”
(M. DE BENEDICTIS, Il cinema americano)
Della decima Musa,
Herr Doktor,
il micidiale ministro
della propaganda del Reich (un metro e cinquantatré per
quarantacinque chili) era sinceramente appassionato, tanto da aver una sala
cinematografica privata dove si faceva proiettare tutti i
migliori (e da lui stesso proibiti) film americani. Così, mentre
il popolo si persuadeva di ciò di cui era già persuaso a colpi
di
Suss l’Ebreo, lui vedeva e rivedeva
Via col vento o, strano ma vero,
Niente di nuovo sul
fronte occidentale.
Con suo grande dispiacere, il trionfo della volontà nazista aveva
fatto scappare quasi tutti i migliori:
Fritz Lang,
Josef Von Sternberg, del resto ebrei, e i loro attori migliori:
Peter Lorre
e
Marlene Dietrich.
Visto che ci siamo,
raccontiamo anche questa:
Leo Reuss,
attore ebreo,
ebbe una storia degna del meraviglioso
Vogliamo vivere
di
Lubitsch: invece di scappare si ossigenò i capelli. Così trovò sempre lavoro,
nel ruolo di ariano d.o.c., nei film più nazisti che si possa
immaginare. Scappò infine in America con maggior comodo, e
lavorò a Hollywood alla
MGM, senza più smettere di raccontare come avesse beffato i nazi.
Spinto dallo stesso
Hitler, che vedeva nella Lola del vietatissimo
Angelo
azzurro l’incarnazione del fenotipo perfetto dell’ariana, Goebbels offrì alla Dietrich una guida di velluto rosso per
tornare in patria: alle condizioni che avesse dettato lei
(permettendole perfino di portarsi dietro come regista l’ebreo
von Sternberg).
Marlene
sarebbe diventata la stella incontrastata della pur sempre
grandiosa cinematografia tedesca, e avrebbe guadagnato cachet
che moltiplicavano per dieci i guadagni hollywoodiani. Guadagni,
tra l’altro, già precari: dopo l’ultimo Sternberg (Capriccio
spagnolo) era precipitata addirittura sotto il centesimo posto tra le
attrici più popolari d’America, e tutto quanto aveva avuto,
nella speranza di un nuovo
Angelo
azzurro, era impossibile da pretendere. Se non da Goebbels.
Si pensi al contesto:
l’offerta del ministro viene fatta in anni ancora del tutto
prestigiosi per la Germania della croce uncinata e delle
Olimpiadi immortalate dalla
Riefensthal di
Olympia (e ricevuta con tutti gli onori da
Walt Disney): al punto che era possibile per il governo tedesco pretendere
persino il blocco di film in produzione a Hollywood se se ne
presentiva un contenuto sgradevole per il regime.
Marlene disse no.
Presa la cittadinanza americana, Marlene si
arruolò e fu con le truppe americane dal 1943 al 1946.
Spettacoli per le truppe su tutti i fronti. nel 1944, in Italia,
si ammalò di polmonite; nelle Ardenne le si congelarono le mani.
- nel film intervista che fece su di lei
Maximilian Schell (1984), disse che non si poteva
che fare così:
“Sapevamo
dei campi di concentramento, sapevamo che stavano uccidendo
donne e bambini e volevamo fermarli”.
Fino agli anni Settanta, ricevette dalla
Germania lettere in cui le chiedevano come avesse potuto
arruolarsi contro la sua patria. Le rimandava indietro,
scrivendo sul retro Risaputo.