"Il Compagno segreto" - Lunario letterario. Numero 11, settembre 2005                                        

 

         Marlene Dietrich: i nomi per la Musa

 


 

 

6. Lou, Lulu, Lola

 

 

 


 

“Mi chiama tesoro e demonietto. Direbbe le stesse cose a qualunque maestra di pianoforte.”

(F. WEDEKIND, Lo spirito della terra)

 

 “Non mi conosce ma mi ama. Se avesse soltanto un’idea approssimativa di me, mi legherebbe una macina al collo e mi butterebbe in mare, là dove è più profondo.”

(F. WEDEKIND, Lo spirito della terra)

La morale del seguente piccolo intrigo di echi di una sola sillaba – Lou! - potrebbe essere greve (ma Dante e Petrarca non dicono lo stesso?), e cioè: si scrive sempre della donna con cui non si fa l’amore. - Da ciò, però, giudizi ancora del tutto aperti sul senso di questa assenza ispiratrice: se “provvida” come la sventura di Manzoni, o proprio fisicamente insopportabile, come la donna Petra per il Dante più incandescente e lussuriosamente iracondo.

Dunque: l’anno prima dell’Angelo Azzurro (1930), la Dietrich era stata tra le scartate per la parte di protagonista in Lulu di Pabst, film appena un po’ meno mitico del capolavoro di Sternberg. - Proprio Louise Brooks, l’indimenticabile prescelta, lasciò della Dietrich pre-Sternberg un ricordo pessimo: “una specie di mucca caracollante”.

Ma questo non è che un antipasto. I legami tra la Lulu di Wedekind-Pabst e la Lola di Sternberg-Mann sono più intimi, sottili e divertenti: già scegliendo di chiamare Lola “l’artista” che nel romanzo di Heinrich Mann si chiama Fröhlich, Sternberg indica “ironicamente” (P. O’ Condor, Marlene Dietrich) una  filiazione dal dittico geniale  di Wedekind.

*°*

Lulu nacque tutt’intera tra il 1892 e il 1894, e divenne un dittico (Lo spirito della terra e Il caso di Pandora) solo per obblighi di censura, essendo i due atti finali i più trucidi e scabrosi. Professor Spazzatura, o la fine di un tiranno esce nel 1905, senza alcun successo, almeno fino al film di Sternberg, opera tanto potente da far ribattezzare definitivamente il libro col suo titolo del film: L’Angelo azzurro. – Ora, il fatto che interessa al nostro spettegolezzo è che Lu-lù nasce come balbettio del nome, già celebre e carismatico, di Lou Andreas-Salomè, “che Wedekind conobbe e cercò invano di far sua” (I. A. Chiusano, Intr. a Lulu, Mondatori, 1980).

Rispetto a Lola, Lulu era ben più atroce: “E’ qui a recar sventure tra la gente, / a sedurre, adescare, avvelenare, / ed ammazzare come nulla fosse” (Prologo di Lo spirito della Terra); Lola, più morbida e piccolo borghese, ne prenderà per esempio la laconicità che lascia il maschio ogni volta stupefatto e straniato, anche se Lulu resta più  perfida e icastica:

Schwarz. Sei capace di dire la verità?

Lulu. Non lo so.

Schwarz. Credi nel Creatore?

Lulu. Non lo so.

Schwarz. Sei capace di giurare per qualche cosa?

Lulu Non lo so. Lasciatemi! Siete pazzo?

Schwarz. Sentiamo, in che cosa credi?

Lulu. Non lo so.

Schwarz. Ma non hai un’anima?

Lulu. Non lo so.

Schwarz. Hai già amato qualche volta?

Lulu. Non lo so.

Schwarz. Non lo sa!

Lulu. Non lo so.

(F. Wedekind, Lo spirito della terra)

Rispetto a Lola, Lulu è insomma più cinica (“- E’ sangue di tuo marito. – Non lascia macchie”, Ib.), più narcisa (“Quando mi sono guardata allo specchio, avrei voluto essere un uomo… cioè mio marito”, Ib.) e consapevole (“Se gli uomini si son ammazzati per me, ciò non diminuisce il mio valore” Ib.).

Lola appare più una Gioconda per caso, che lascia essere il marasma dei maschi attorno a lei, se davvero non le nuoce troppo (“Sono cortese con chiunque mi tratti con garbo”, L’Angelo azzurro). - A parte l’interesse, il limite del garbo è per tutt’e due la pazienza, perché i maschi sono zanzaroni imprecisi, ecolalici e vanesi: facile che Lola e Lulu, le uniche esatte nei modi e nelle parole, se ne annoino  (“Tu mi sprechi”, Ib.).

Tutt’e due possono suscitare disastri appena esistendo. Se pensiamo al titolo originale del libro di Mann, un professore che è figura grottesca del tiranno, è chiaro che il destino di precipitosa abiezione è già tutto dentro Unrat, e che l’“artista Fröhlich” catalizza appena forze micidiali di cui può benissimo ignorare tutto. Fröhlich non è insomma una Belle dame sans merci: caso mai una minimalista, che molto pigramente si scosta da un’innocenza indifferente e passiva - ruolo, del resto, che la stessa Lulu non del tutto a torto a suo modo rivendica per sé.

 *°*

Rispetto al film di Sternberg, il professor Unrat di Mann  è più crudamente disegnato, attraversato senza pietà in tutto il suo mondo infimo di rancori e ossessioni, di procedure di punizione ripetute all’infinito in una carriera lunga ormai una vita – e Jannigs è fantasticamente bravo a far riconoscere decine di pagine del romanzo in un solo inarcare di sopracciglia, in un gesto a metà tra imbarazzo e protervia….

Il fatto stesso che Lola si accontenti di un grasso professore di ginnasio dalla “tarda sensualità”, la lascia a un rango ben più basso rispetto alla splendida ambiziosa Lulu dello Spirito della Terra, dove la demonica ballerina si muove tra artisti di successo, aristocratici e miliardari. Lola-Fröhlich, infatti, “sazia di divertirsi”, darebbe “tutti i caposcarichi del mondo per un brav’uomo maturo che non pensasse solo a divertirsi, che cercasse il cuore, che badasse al sodo!...”. E, quando sposa Unrat, prova a illudersi di poter star comoda davvero nelle gioie Biedermeier che può promettere un piccolo uomo rancoroso e perfino delirante. Come se lui potesse essere il porto buono del suo piccolo battello ebbro: così, “si sforzò perfino di amarlo” (H. Mann, L’Angelo azzurro).

(Dove von Sternberg aggiunge un po di polverina di Lulu a Lola, forse è soprattutto quando il professor Unrat, che parla a Lola libresco e avulso come don Chisciotte a Dulcinea, chiede di sposarla, e lei, stupefatta, non resiste e ride.

 


 

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