“Mi chiama tesoro e demonietto. Direbbe le stesse cose a
qualunque maestra di pianoforte.”
(F. WEDEKIND, Lo spirito della terra)
“Non mi conosce ma mi ama. Se avesse soltanto un’idea
approssimativa di me, mi legherebbe una macina al collo
e mi butterebbe in mare, là dove è più profondo.”
(F.
WEDEKIND,
Lo spirito della terra)
La morale del seguente piccolo intrigo di echi
di una sola sillaba – Lou!
- potrebbe essere greve (ma Dante
e Petrarca non dicono lo
stesso?), e cioè: si scrive sempre della donna con cui non si
fa l’amore. - Da ciò, però, giudizi ancora del tutto aperti
sul senso di questa assenza ispiratrice: se “provvida”
come la sventura di Manzoni,
o proprio fisicamente insopportabile, come la
donna Petra per il Dante
più incandescente e lussuriosamente iracondo.
Dunque: l’anno prima dell’Angelo
Azzurro (1930), la Dietrich era stata tra le
scartate per la parte di protagonista in
Lulu di Pabst,
film appena un po’ meno mitico del capolavoro di Sternberg. -
Proprio Louise Brooks,
l’indimenticabile prescelta, lasciò della Dietrich
pre-Sternberg un ricordo pessimo: “una specie di mucca
caracollante”.
Ma questo non è che un antipasto. I legami tra
la Lulu di
Wedekind-Pabst e la Lola
di Sternberg-Mann sono più intimi, sottili e divertenti: già
scegliendo di chiamare Lola
“l’artista” che nel romanzo di
Heinrich Mann si chiama
Fröhlich, Sternberg indica “ironicamente”
(P. O’ Condor, Marlene Dietrich)
una filiazione dal dittico geniale di Wedekind.
*°*
Lulu
nacque tutt’intera tra il 1892
e il 1894, e divenne un
dittico (Lo spirito della terra
e Il caso di Pandora)
solo per obblighi di censura, essendo i due atti finali i più
trucidi e scabrosi. Professor
Spazzatura, o la fine di un tiranno esce nel
1905, senza alcun
successo, almeno fino al film di Sternberg, opera tanto
potente da far ribattezzare definitivamente il libro col
suo titolo del film: L’Angelo
azzurro. – Ora, il fatto che interessa al
nostro spettegolezzo è che Lu-lù
nasce come balbettio del nome, già celebre e
carismatico, di Lou Andreas-Salomè,
“che Wedekind conobbe e cercò invano di far sua”
(I. A. Chiusano, Intr. a
Lulu, Mondatori, 1980).
Rispetto a Lola, Lulu era ben più atroce: “E’
qui a recar sventure tra la gente, / a sedurre, adescare,
avvelenare, / ed ammazzare come nulla fosse” (Prologo
di Lo spirito della Terra);
Lola, più morbida e piccolo borghese, ne prenderà per esempio
la laconicità che lascia il maschio ogni volta stupefatto e
straniato, anche se Lulu resta più perfida e icastica:
Schwarz. Sei capace di dire la verità?
Lulu. Non lo so.
Schwarz. Credi nel Creatore?
Lulu. Non lo so.
Schwarz. Sei capace di giurare per qualche
cosa?
Lulu Non lo so. Lasciatemi! Siete pazzo?
Schwarz. Sentiamo, in che cosa credi?
Lulu. Non lo so.
Schwarz. Ma non hai un’anima?
Lulu. Non lo so.
Schwarz. Hai già amato qualche volta?
Lulu. Non lo so.
Schwarz.
Non lo sa!
Lulu. Non lo so.
(F.
Wedekind, Lo spirito della terra)
Rispetto a Lola, Lulu è insomma più cinica (“- E’
sangue di tuo marito. – Non lascia macchie”,
Ib.), più narcisa
(“Quando mi sono guardata allo specchio, avrei voluto essere un
uomo… cioè mio marito”, Ib.)
e consapevole (“Se gli uomini si son ammazzati per me, ciò non
diminuisce il mio valore” Ib.).
Lola appare più una Gioconda per caso, che
lascia essere il marasma dei maschi attorno a lei, se
davvero non le nuoce troppo (“Sono cortese con chiunque mi
tratti con garbo”, L’Angelo azzurro).
- A parte l’interesse,
il limite del garbo è per
tutt’e
due la pazienza,
perché i maschi sono
zanzaroni imprecisi, ecolalici e vanesi: facile che Lola e Lulu,
le uniche esatte nei modi e nelle parole, se ne annoino (“Tu mi
sprechi”, Ib.).
Tutt’e due possono suscitare disastri appena
esistendo. Se pensiamo al titolo originale del libro di Mann, un
professore che è figura grottesca del tiranno, è
chiaro che il destino di precipitosa abiezione è già tutto
dentro Unrat, e che
l’“artista Fröhlich” catalizza appena forze micidiali di cui può
benissimo ignorare tutto. Fröhlich non è insomma una
Belle dame sans merci:
caso mai una minimalista, che molto pigramente si scosta da
un’innocenza indifferente e passiva - ruolo, del resto, che la
stessa Lulu non del tutto a torto a suo modo rivendica per sé.
*°*
Rispetto al film di Sternberg, il professor Unrat
di Mann è più crudamente disegnato, attraversato senza pietà in
tutto il suo mondo infimo di rancori e ossessioni, di procedure
di punizione ripetute all’infinito in una carriera lunga ormai
una vita – e Jannigs è
fantasticamente bravo a far riconoscere decine di pagine del
romanzo in un solo inarcare di sopracciglia, in un gesto a metà
tra imbarazzo e protervia….
Il fatto stesso che Lola
si accontenti di un grasso professore di ginnasio dalla “tarda
sensualità”, la lascia a un rango ben più basso rispetto alla
splendida ambiziosa Lulu
dello Spirito della Terra,
dove la demonica ballerina si muove tra artisti di successo,
aristocratici e miliardari. Lola-Fröhlich, infatti, “sazia di
divertirsi”, darebbe “tutti i caposcarichi del mondo per un
brav’uomo maturo che non pensasse solo a divertirsi, che
cercasse il cuore, che badasse al sodo!...”. E, quando sposa
Unrat, prova a illudersi di poter star comoda davvero nelle
gioie Biedermeier che può promettere un piccolo uomo rancoroso e
perfino delirante. Come se lui potesse essere il porto buono del
suo piccolo battello ebbro: così, “si sforzò perfino di amarlo”
(H. Mann, L’Angelo azzurro).
(Dove von
Sternberg aggiunge un po’
di polverina di Lulu a Lola, forse è soprattutto quando il
professor Unrat, che parla a Lola libresco e avulso come
don Chisciotte a Dulcinea,
chiede di sposarla, e lei, stupefatta, non resiste e ride.