BECKETT/SCENA
Beckett lo
smilzo
Le scarnificate parole di
Beckett di silenzi si nutrono
e con silenzi pausano. Lo scrittore non commentava ed era
incuriosito quando veniva a sapere che le sue opere, in scena, si
cambiavano costume ed apparivano persino comiche perché non la
felicità fa ridere, l’impacciata sfortuna, piuttosto. Studioso di
lingue romanze, Beckett scrisse En
attendant Godot in francese per rispetto a un’etica
linguistica: non voleva indulgere in sbavature e mollezze nelle
quali avrebbe potuto incorrere se avesse scritto nella lingua
madre.
Beckett e
l’impegno
Questa sobrietà minimalista
rappresentò il suo engagement . Una sera, a Berlino, Brecht,
finissimo conoscitore ed ammiratore dell’opera di Beckett,
discorreva con Strehler, in un
gioco fatto a mezzo sorriso, del disimpegno di Estragon e Vladimir
e si chiese dove fossero stati quei due durante gli oscuri anni
della Resistenza. L’essenzialità di Beckett lo protesse dalle
vanità e dagli sguardi indiscreti e mai l’autore si gloriò del
riconoscimento di De Gaulle
per il suo impegno come corriere della Resistenza francese di cui
scrisse John Calder nel suo
Samuel Beckett.
Intanto, a Parigi, Beckett che
viveva vicino alla prigione osservava i carcerati nell’ora d’aria.
Credette che nessuno come loro avrebbe saputo incarnare i suoi
personaggi e recitare la noia lunga dell’attesa e del tempo.
Realizzò una serie di laboratori teatrali in carcere dove tutti
aspettavano Godot, God-ot, Go –dot.
Beckett Joyce
‘Joyce is
bombastic, Beckett is austere, Joyce is universal, Beckett is
minimalist’
Sobrietà, compostezza di una
lingua non materna, linguaggio orfano quello di Beckett.
Joyce, altro grande esule,
percorre vergini sentieri cerebrali ed emotivi con moti epifanici
ma architetta il suo progetto linguistico con architravi e colonne
classiche. Beckett monta rade impalcature metalliche, ambigue.
Joyce il flusso, Beckett la goccia, dubbiosa pure quella.
Beckett
Strehler
Strehler e Brecht quella sera a
Berlino parlarono qualche ora di Beckett. Strehler obbedì alla
lezione che Brecht gli trasmise. La resistenza di Beckett era
soprattutto esistenziale e andava letta ‘nella grande ombra
dell’eroico esistere dei grandi pessimismi che sono un solo grido
d’amore alla vita’ (La Stampa, 27
dicembre 1989). Nello stesso articolo Strehler scrisse
che il grande autore irlandese era ‘il meno preda dei mass-media,
il meno alla portata dei giornalisti. Noi abbiamo continuato a
ricevere i suoi messaggi come lanciati da un luogo misterioso
nella bottiglia...’. Ecco un altro compagno segreto.