Per i gay,
il debutto americano di Marlene fu
subito da urlo: in Marocco (Morocco,
193o), per il primo numero nel locale di Mogador, si presenta
in frac e cilindro: canta una canzone sull’amore che muore sempre, si fa
regalare un fiore da una donna e la bacia sulla bocca. Poi riappare
femminile, con le gambe nude e dona il fiore a
Gary Cooper. – In
Shangai Express
(1932)
è la puttana più preziosa della
Cina e ha per compagna una stupenda prostituta cinese, silenziosa e
micidiale: passa
con lei il tempo fumando e ascoltando
musica. In Venere Bionda
(Blonde Venus, 1932)
emerge, Cupido biondissimo, da un gorilla nero (canta
Hot Woodoo); ma alla fine del
film il suo costume di scena è un frac bianco (canta
I could not be annoyed) ...
L’ambiguità di Marlene era risaputa
(“In Europa non badiamo al sesso delle persone con cui facciamo
all’amore; basta che siano belle”).
Ambigua è la voce, capace, già nell’Angelo
azzurro
(Der
Blaue
Engel,
1930),
cilindro maschile in testa e
gambe presto celeberrime in mostra, di scendere alle note basse con un
timbro che si abbuia fino alla minaccia.
Altra ambiguità essenziale è quella
che vedi in Venere Bionda
(Blonde Venus, 1932),
dove Marlene – come nella vita – è soubrette
e madre, amante di un miliardario fascinoso
e moglie tenace di uno
scienziato piccolo borghese, prostituta che non ha altro modo per
guadagnare e madre amorevole
per la quale il figlio è tutto… Sempre in
Venere Bionda, la scena in cui il marito le porta via il
bambino, e Marlene resta sola abbandonata in una stazione, è l’unica,
almeno dei sette film con von Sternberg, in cui piange.
In
Capriccio spagnolo (The devil is woman, 1935),
Marlene-Conchita si diverte a essere non ambigua, ma cinguettantemente
incomprensibile, da prendere o lasciare: almeno nel poco tempo che ti
concede prima che lei stessa scappi (sia pur, chissà quando, tornando).
*°*
Quanto all’ambiguità della
Dietrich, Kenneth Tynan proprio su
Marlene spesso pettegolo (nei Diari,
il sesso fulmineo con Kennedy alla
Casa Bianca), scrisse che “ha un sesso indefinibile. Dicono (o, per lo
meno io dico) che era la sola donna ammessa a partecipare al ballo
annuale dei travestiti nella Berlino pre-hitleriana. Arrivava ogni
volta all’improvviso, in marsina, cravatta bianca e cappello a
cilindro. Vedendo due splendide creature discendere a braccetto dalla
grande scalinata dell’ingresso, coperte di lustrini e di riccioli
dorati, domandò loro, stupefatta: “Siete innamorate?”. “Fraülein”
le rispose una delle due, glaciale, “noi non siamo lesbiche”. “Questa”
Marlene vive la propria vita erotica in una “terra di nessuno” in cui
non esistono uomini né donne. Si dedica al sembrare più che all’essere
sexy. Il suo talento è tutto ciò che lascia intravedere”
(cit. in P. O' Connor, Marlene
Dietrich).