“Ci sono momenti in cui il cervello di un uomo non è
in
grado di competere con il fascino di una donna”
(Disonorata
(X-27, 1931)
“Voglio”, dice l’ufficiale dei
Servizi segreti che assolda Marlene come agente, “una donna che ci
sappia fare con gli uomini”
(Disonorata,
X-27, 1931). – Saperci fare, quasi sempre, e sempre
quando non c’è l’amore, vuol dire aspettare che gli uomini facciano
tutto da soli, autori come sono di catastrofi che non serve
nemmeno accelerare.
Forse, molto più che l’uomo come
specie, è il maschio “l’animale non stabilizzato”
(Nietzsche). Tutte le sue
fumisterie di doveri, princìpi, comandamenti e imprecazioni, quando
iniziano a sciamare intorno a Marlene, appaiono per quello che
sono: compensazioni, maschere che danno un contegno più ringhioso che
solenne a incertezze aggressive, a solitudini crudeli, a idiozie
rancorose…
Tanto più per queste cacofonie
morali, una donna è un mistero.
Ma
essere un mistero è di per sé una colpa, perché “il borghese non
tollera in casa sua niente di incomprensibile”
(K. Kraus, Detti e contraddetti):
a quale prezzo, del resto, potrebbe una donna non esserlo?
- Al poliziotto che le sta stando la caccia, e che dubita che una
mamma in fuga col suo bambino lo ami davvero, Marlene dice con
un’amarezza rara: “Che ne sa un uomo dell’amore materno?”
Venere Bionda
(Blonde Venus, 1932).
Quanto all’amore
che finisce, maschile è il rimpianto che rimesta rancoroso; femminile
è l’odio irrevocabile di Medea, che in Marlene non c’è
mai, come il sorriso su una catastrofe non più drogata dalle
nostalgie. – Paradosso vero: proprio questa rinuncia a tutto il
passato fallito può salvarlo, farne tornare il futuro mancato come un
destino ancora compibile. Per questo, occorre una miracolosa
cospirazione tra caso e cura, fedeltà e fatalismo. Così vedi almeno in
tre film: Venere Bionda
(Blonde Venus, 1932),
Shangai express (1932)
e Capriccio spagnolo (The devil is
woman, 1935).