“Se è venuto qui
per salvare la mia anima,
può risparmiarsi la
fatica”
(Shangai Express, 1932)
Amare una donna più di Dio, non sarà
che questo l’amore. Il nodo ineliminabile è al centro di tutto il
rovello, dunque tragico, dell’amor cortese.
Dante si persuaderà che amare una donna è peccato mortale
solo di fronte all’evidenza del tormento di Paolo e Francesca, e
infatti sviene.
La miglior luce sull’amore assoluto,
che non è solo morte di Dio ma dell’Io, la trovi in
Cavalcanti, che nello stesso
Inferno di Paolo è
Francesca è ancora più sotto: l’amore, se è amore, dunque, fa strage
dei rarissimi gentili che lo possono provare. Non lascia
spiragli o fughe o compromessi. In questo, è come il Dio che lo
condanna: se se ne può discutere, non è amore.
In Disonorata
(X-27, 1931), Marlene, condannata a morte, rifiuta
di pregare con il frate della prigione. Preferisce stare sola e
suonare - ultimo desiderio –, sul piano che si è fatta portare in
cella, Beethoven.
In
Shangai Express (1932), anche se il suo primo
nemico è il prete (che però è più informato di una
Novella 2000 delle gesta
amatorie della micidiale signora), Marlene, quando tutto sembrerà
perduto, pregherà per il suo amore tutta la notte: inquadratura
stupenda fino al kitsch, in un film che è tutto un miracolo di luci e
ombre, in cui von Sternberg fa
appena emergere dal nero le mani congiunte della Dietrich…