Io
sono invece del parere che un'opera poetica tanto più è
incommensurabile e tanto meno è accessibile all'intelletto, tanto
meglio è. (ECKERMANN,
Colloqui
con Goethe)
Un
fuggiasco non si nasconde in un labirinto. Non innalza un labirinto
cremisi che i marinai avvistano
da lontano. Non ha bisogno di erigere un labirinto, perché l'universo
già lo è.
(J.
L. BORGES, Abenjacàn
il Bojari, ucciso nel suo labirinto, in: Aleph)
L’enigma
lieve della poesia è il
più drastico dei buttafuori. Nessuna democrazia: il lettore
che non merita viene scaricato fuori invariabilmente, di solito in
malo modo e senza uno straccio di spiegazione (la cosa a cui
più agognerebbe), giù nel brago delle sue pretese di comprensione
all’altezza del suo linguaggio precotto. - Quelli che
restano saranno la “piccioletta
barca” che supera il secondo micidiale canto del Paradiso
di Dante, o, come riprende Valéry
direttamente da Stendhal, gli happy
few!
Ogni
testo poetico, va da sé, è un labirinto.
Ma
proprio il labirinto, come raccontava bene Borges, è più una
sfida e un richiamo che il luogo di un vero nascondimento: per la sua
eclatanza, il labirinto richiamerà alla sfida i più intraprendenti
e, fra i tanti che vi si cimenteranno, farà finalmente emergere
violatori degni e non occasionali.
Lo
stesso per la poesia, dove l’ammirazione
dei pochi è sempre ben più preziosa e difficile da guadagnarsi di
quella di tutti gli altri.
Poiché,
del resto, l’entelechia
del labirinto non esiste, essendo cioè il labirinto stesso un
cantiere mai concluso, la reggia infinibile di un re altero e
dispendioso, man mano che la sua costruzione procede, potrebbe
accadere che l’artista
giunga ad essere solo nella
percezione del grado di perfezione raggiunta: a ritrovarsi - come
Degas - “depositario
e martire del perfetto” (Varietà)...
“Ma
la preoccupazione del raro esige tutta una vita; e il rifiuto
ostinato di tutti i vantaggi della facilità, di tutti gli effetti
fondati sulle debolezze del lettore, sulla sua fretta, leggerezza,
ingenuità, può condurre insensibilmente a diventare inaccessibile.
Colui che si situa a un livello eccessivo e arduo nei riguardi di se
stesso, corre il pericolo di esserlo per il pubblico”
(Varietà).
Si
racconta che Benedetti Michelangeli,
inquietante pianista neoclassico, sentisse imperfezioni nell’accordatura
d'un pianoforte inaccessibili a qualsiasi altro orecchio al
mondo. - Una volta, il direttore d'orchestra Riccardo
Muti usò questa similitudine: da lontano, un
saltatore che supera un’asticella
posta a sei metri e un centimetro sembrerà che faccia lo stesso salto
che se l’asticella fosse
posta a sei metri, ma lui
sente la differenza...