“Nella
foresta incantata del Linguaggio,
i
poeti vanno espressamente per perdervisi.”
(P.
VALÉRY, La
caccia magica)
Si sa: capire troppo, vuol dire
annoiarsi. - Contro questa noia, la poesia è un coadiuvante non male,
soprattutto se non si seguono le istruzioni,
A proposito della refrattarietà
delle ‘parole poeticamente trattate’ a ridursi a un limpido
univoco significato (appena, in realtà, che “un
sasso in bocca del significante”, Lacan), può esserci amico addirittura Heidegger, il quale ha scritto che tra gli
oggetti del mondo, i più piattamente traducibili sono proprio gli
strumenti che l’uomo stesso prepara da sé per i suoi fini.
Al contrario, “l’opera
d’arte, in virtù dell’autosufficienza del suo esser-presente,
assomiglia piuttosto alla mera cosa, nel suo non essere costretta a
nulla” (M. HEIDEGGER, Sentieri
interrotti).
Non facciamoci ingannare dalla
lampante differenza di linguaggio, tra un poeta che si tiene stretto a
un parlar cartesiano e un filosofo più amico della mistica e della
dialettica vertiginosa: Valéry
e Heidegger dicono lo stesso sì alla limpida
autosufficienza della bellezza: “chi si eleva puramente nel saluto
poetico e si offre al nostro sguardo non ha bisogno per sé del nostro
discorso”, perché “solo il poeta è veramente familiare e fidato
alla poesia.” (M. HEIDEGGER, La poesia di
Hölderlin).
E infatti: nulla di più
deturpante per la femminea sfuggente poesia della “volontà di
potenza del Filosofo” (La caccia magica)! La pretesa di comprensione di questo “cacciatore di verità”
è – Nietzsche lo capì
così bene! - una vendetta per essere sempre stato tenuto “in difficoltà” da quella
“mescolanza… di voluttà, di fecondità e di un’energia
paragonabile a quella che si sprigiona dall’amore” (Ib.).
La pretesa di comprensione
catturerà, “alla fine, soltanto la propria ombra. Gigantesca
talvolta, ma pur sempre ombra” (Ib.).
Confidenza
e comprensione in realtà divergono: la confidenza è un modo di stare,
non di possedere. - Varrà allora anche per la poesia quello che Stevenson scrisse per l’amore, essere lui “il grado eroico della
conoscenza” (R.
L. STEVENSON, Weir di
Hermiston)?