"Il Compagno segreto" - Lunario letterario. Numero 10  maggio 2005

 

 

Degas Danza Disegno di Paul Valéry


 

 

10.  La pazienza

 

 

 

 


 

“La macchina ha sterminato la pazienza”

(Degas Danza Disegno)

 

 

“Il fatto è che il tempo è passato, quel tempo in cui il tempo non contava (…).Per gli antichi non vi erano né i minuti né i secondi. Artisti come Stevenson e Gauguin sono fuggiti dall’Europa e hanno raggiunto isole senza orologi.” 

(L’idea fissa)

 

 

“Il lato materiale dell’arte lo preoccupava molto, e cercava il miglior mezzo o la migliore sostanza fissativa, la miglior tela o la migliore preparazione, peraltro senza mai arrivare a una soluzione definitiva” (D. ROUART, Degas à la recherche de sa technique, 1945) : e dunque, quanto tempo da dedicare al lavoro, per questo “sensibile che non vuole essere vittima di nulla” (P. FRANCASTEI, L’Impressionisme, 1937)!

 

Per le operazioni “contraddittorie” necessarie alla perfezione, non c’è che da sprofondarsi in “problemi d’una certa matematica più raffinata dell’altra, che nessuno ha saputo rendere esplicita e di cui ben pochi possono sospettare l’esistenza”: qui è bene non solo creare ostacoli, temere le scorciatoie, differire i godimenti (Degas Danza Disegno), ma abolire le parole:Degas “diceva volentieri, e da vecchio c’insisteva su, che le Muse non discutono mai” (Ib.).

Equivalente perfetto dello scrittore che non si dà pace fino a quando non è arrivato “allo stato postumo della pagina” (Ib.), Degas è anche una tragica figura di confine, perché nato in un mondo che rifiuta l’essenza stessa di questo sperpero ostinato e sistematico di sé per dannarsi in opere che forse neppure ci saranno:

 

“Impazienza, dicevo poc’anzi… Addio lavori infinitamente lenti, cattedrali di trecento anni, la cui interminabile crescita si adattava stranamente alle variazioni e agli arricchimenti successivi che essa stessa sembrava perseguire e quasi produrre nella sua altezza! Addio pittura pazientemente ottenuta attraverso il sovrapporsi di trasparenze, di strati chiari e sottili, ciascuno dei quali aspettava il successivo per settimane, senza riguardo per il genio! Addio perfezione del linguaggio, meditazioni letterarie e ricerche che vedevano le opere paragonabili, nello stesso tempo, ad oggetti preziosi e a strumenti di precisione!… Eccoci nell’istante, destinati agli effetti choc e di contrasto, e quasi costretti a captare unicamente ciò che viene rivelato da uno stimolo casuale e che è suscettibile da esso. Ricerchiamo ed apprezziamo lo schizzo, l’abbozzo, le prime redazioni. La nozione stessa di compiutezza è quasi cancellata” (L’idea fissa).

 

Senza voler fare per forza i taoisti, per la compiutezza devi risolvere il rompicapo che trovi già nel Libro del Cortigiano di Castiglione come nel Teatro delle marionette del giovane Kleist: esercitato cioè il massimo sforzo per essere artefice dell’opera, di tutto questo alla fine non deve restare traccia alcuna: “compire un’opera consiste nell’eliminazione di quanto riveli o suggerisca il procedimento di fabbricazione. Secondo una tale antiquata condizione, l’artista non deve accusarsi che col suo stile, sostenendo il proprio sforzo sino a che il lavoro abbia cancellato le tracce del lavoro” (Degas Danza Disegno): vale dunque per l’arte la regola aurea dei grandi criminali, uomini notoriamente pazienti.

 


 

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