"Il Compagno segreto" - Lunario letterario. Numero 10, maggio 2005                                        


Ogni scrittore, come ogni persona, ha le sue stelle d’orientamento, e a sua volta è stella (danzante?) per altri. 

Proviamo a segnalarne qualcuna

 

Degas Danza Disegno di Paul Valéry


 

 

7. Huysmans

 

 


 

“Tale pittore, il più personale, il più acuto fra tutti quelli che possiede, senza neanche sospettarlo, questo infelice paese…

Degas che, in stupendi quadri di danzatrici, aveva già così implacabilmente reso la decadenza della mercenaria istupidita da meccanici sollazzi e da monotoni salti, alimentava… coi suoi studi di nudo, un’attenta crudeltà, un odio paziente.

Pareva che… egli avessi voluto usar rappresaglie e buttare in faccia al suo secolo l’oltraggio più eccessivo, con l’abbattere l’idolo costantemente risparmiato, la donna, che lui avvilisce.

E allo scopo di ricapitolar meglio le sue ripugnanze, la sceglie grassa, panciuta e corta. Qui è una di pelo rosso, grossa e grassa, infarcita, che curva la schiena, facendo spuntare l’osso sacro sulle tese rotondità delle natiche; si piega in due, volendo portare il braccio dietro la spalla per spremere la spugna che sgocciola sulla spina dorsale e ondeggia lungo le reni; là è una bionda, rattrappita, tozza e ritta, che ci volta ugualmente le spalle; quella ha finito i suoi lavori di pulizia e, appoggiandosi le mani sulla groppa, si stiracchia in un movimento piuttosto virile d’uomo che si scaldi dinanzi a un caminetto, sollevando le falde della giacca; là poi è un donnone accoccolato che pende tutto da un lato, si solleva su una gamba e ci passa sotto il braccio, si tocca nella tinozza di zinco; un’ultima finalmente, vista, stravolta, di faccia, s’asciuga la sommità del ventre.

Tali sono, brevemente citate, le pose impietose che questo iconoclasta assegna all’essere adulato da inutili galanterie. C’è, in questi pastelli, qualcosa del moncherino di storpio, del seno sciupato, del ciondolìo di un uomo senza gambe e senza cosce, tutta una serie d’atteggiamenti inerenti alla donna anche giovane e graziosa, adorabile sdraiata o in piedi, ranocchiesca e scimmiesca quand’essa deve come quella chinarsi per mascherare le sue miserie con queste cure.

Ma al di là di quest’accento particolare di disprezzo e di odio, bisogna  vedere in quelle opere l’indimenticabile veracità dei tipi eseguiti con un disegno ampio e profondo, con una foga lucida e controllata, come con una febbre a freddo; bisogna vedere il colore ardente e sordo, il tono misterioso e opulento di quelle scene; è la suprema bellezza delle carni inazzurrate o rosate dall’acqua, rischiarate da finestre chiuse con tende di mussola, in stanze oscure, ove appaiono in una luce velata di cortile, muri tappezzati di cotonina Jouy, lavabi e catini, flaconi e pettini, spazzole e vernice di bosso, scaldapiedi di rame rosa!

Non è più la carne piatta e liscia, sempre nuda delle dee, … ma è proprio carne svestita, reale, viva, carne tocca dalle abluzioni e la sua fredda grana sta per sciogliersi.

Fra le persone che visitano quest’esposizione, alcuni in presenza di colei fra le donne che è vista di faccia, accoccolata, e il suo ventre si dispensa dalle solite frodi, gridavano indignati da una tale franchezza, presi a pugni senz’altro, dal senso di vita che emanavano quei pastelli. In fin dei conti, essi si scambiavano qualche riflessione timida e disgustata, lasciavano andare, in partenza, la grande parola: oscena!

(J. K. HUYSMANS, Certains, 1889)


 

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