“Questo
grande lirico è il meno pazzo degli uomini: questo grande
amante è colui che si lascia meno fuorviare dall’amore. Il
suo lucidissimo Demone gli ordina di amare; ma amare, per lui,
significa: trarre dall’amore tutto ciò che questo può
offrire alla mente, tutto ciò che la voluttà personale, le
emozioni e le interne energie suscitate da essa, possono infine
concedere alla facoltà di capire, al superiore desiderio di
edificare se stessi, alla capacità di produrre, di agire, di
rendere eterno. Egli sacrifica perciò ogni donna
all’Eterno femminino.
L’amore
come strumento. L’amore di ogni donna immolato all’idea
dell’amore. L’amore come serpente, di cui dovremo pur
diffidare se dobbiamo descriverlo o raffigurarlo. Che cos’è
mai Don Giovanni, questo
povero di spirito che non lascia nulla dopo di sé, nei
confronti di questo genio ben più profondamente voluttuoso e
supremamente libero, che seduce e abbandona come per estrarre
dalla diversità delle esperienze della tenerezza l’essenza
unica che inebria l’intelletto?
Goethe
esige dunque tutto. Tutto e, in più, di essere
salvato. Giacché Faust
DEVE essere salvato. Vale troppo perché non lo sia. Non si
salvano, e non possono essere salvati, solo quelli che, non
avendo nulla da perdere, non possono nemmeno essere considerati
perduti.”
(P. Valéry, Varietà)