“...la
tendenza che è in lui, a non desistere dall’indagare…”
(P.
Valéry, Introduzione
al metodo di Leonardo da Vinci, in Varietà)
“Cos’è
più lontano d noi della sconcertante ambizione di un Leonardo,
che considerando la pittura come fine supremo o suprema
dimostrazione di conoscenza, pensava che comportasse
l’acquisizione dell’onniscienza, e non indietreggiava dinanzi
a un’analisi generale la cui profondità e precisione ci
confondono?”
(P.
Valéry, Scritti
sull’arte)
C’è
una pagina del Bandello in cui
Leonardo a Milano, tanto
per cambiare, è misterioso e molto à
la Valéry. Sembra il pittore zen che piacque a Calvino
nelle Lezioni
Americane: ai
frati, che attendevano la fine del gran lavoro per il loro
refettorio, parve infatti sempre del tutto strano il suo alternare
giorni febbrili a pause abnormi di pura contemplazione: “se ne
sarebbe poi stato due, tre e quattro dì che non v’avrebbe messa
mano, e tuttavia dimorava talora una e due ore del giorno, e
solamente contemplava.”
Oppure,
lasciando di colpo l’interminabile cavallo di Francesco
Sforza, se ne veniva “dritto a le Grazie, ed asceso
sul ponte pigliar il pennello ed una o due pennellate dar ad una
di quelle figure, e di subito partirsi e andar altrove”. Chissà
dove.
“Forse
i padri sanno dipingere?”, pare abbia obiettato al Moro che
gliene chiese conto. Il punto doveva essere proprio questo: per i
reverendi padri, il pittore era ancora un “meccanico” dalle
costanze certe, mentre “fu ambizione di uomini come Leonardo
dimostrare che la pittura è un’arte liberale” (E.
Gombrich), giudicabile solo per bellezza e verità.
In
quel tempo breve che riconobbe al volo tutti i suoi geni, di Leonardo
almeno il virtuosismo incomparabile fu subito accertato, e
proprio l’Ultima
Cena stupì moltissimo per la “incredibile
diligenza” (G. Vasari).
Ma
ci mancherebbe che almeno Vasari
non vada più in là: “dovunque lo animo volse nelle cose
difficili, con facilità le rendeva assolute”, il che
trasferisce in pittura l’aurea definizione della Grazia del Castiglione
(che citò Leonardo tra gli “eccellentissimi”).
“Unico
artista-filosofo” (K. Jaspers),
Leonardo – scrittore di
enorme talento - chiarì quanto serve nei suoi meravigliosi
frammenti. Scienza e Bellezza sono nomi della sola verità. E, tra
le scienze, la pittura è la “più utile” perché, invece di
parole, dà le cose come sono “realmente fuori dell’occhio”.