Ecco
uno dei tocchi smaltati di Cocteau,
uno dei suoi sguardi inquieti posarsi su un artista solitario,
piuttosto scontroso e asserragliato nelle
torri e sotto ai colonnati.
Le
parole scoppiettanti di Cocteau, quale omaggio amoroso, rimbalzano
contro la statua solenne di De Chirico
e ricadono, fortunatamente, su mortal lettrici come me, che
s’accendono sia Cocteau scriva lettere a Maritain
e Mauriac, sia esalti l’opera di Diaghilew
e i suoi Ballets Russes
diriga parades,
impacchetti drappeggiando (pre-Christo?)
una statua d’Antigone o versi sangue di poeta.
Il libretto del 1928 su De Chirico ha la genialità
dell’ossimoro nel titolo (Mistero
laico) e l’interpretazione da sogno: brevi
frammenti da touche à tout che si calano in precipizi
d’aforismi, in episodi spaesanti e calembours.
I
miracoli producono alterazioni dei rapporti tra le cose, così
Cocteau toglie il
velo d’abitudine con cui guardiamo il mondo e
lo restituisce nelle nuove visioni di De Chirico, ch’egli
definisce “uno spaesaggista”:
De
Chirico é un pittore di misteri.
De
Chirico sostituisce alla rappresentazione dei miracoli con cui
i primitivi riescono a stupirci, i miracoli che vengono da lui
solo.
De
Chirico é in definitiva un pittore religioso, un pittore
religioso privo di fede : il pittore del mistero laico...
De
Chirico dona all’oggetto il valore di una divinità.
Questo
essai’ di una sessantina di pagine nasce appunto dalla
prova di Cocteau dell’opera d’arte. Cocteau ha indossato Picasso,
Stravinskij,
Satie e ora pone la sua
vita a disposizione di De Chirico, i cui busti di severa euritmia,
o manichini d’avanguardia tecnica troneggiano al centro
dell’arena e lanciano ombre lunghe.
Cocteau
n’esalta “la calma solenne” e il suo argento vivo non ce la
fa a frenare di fronte alla seriosa immobilità dei quadri di De
Chirico. N’esce una parola lanciata ad alta velocità, sorpresa
dall’immobilità, come se Cocteau non avesse fatto in tempo a
mettersi in posa.
Quest’imprudenza,
punita poi da De Chirico, nasce
da chi brucia nell’ambiente parigino di quegli anni, tra
grandi personalità quali Picasso,
Matisse, Derain,
Man Ray, Auric,
Poulenc, Jacob,
Proust, Anna
de Noailles, Modigliani...
pur avendo dismesso il frac da dandy.
In questo saggio, infatti,
il cui titolo completo é Essai
de critique indirecte, Cocteau affonda le mani nel
cuore meraviglioso dell’estetica per trovare l’ascondita, meno
eclatante etica. Arte laica, estranea ai dogmi della chiesa ma
d’essenza spirituale ch’acceda al sacro essendo finiti i tempi
del solo divertissement visuel
nel senso pascaliano dei termini.
La
seconda parte di questo saggio s’intitola Des
beaux Arts considérés comme un assassinat.
Les
statues dorment sous la terre
L’étrange
sommeil animal
L’homme
haïssant le mystère
Ne
sachant faire che le mal
Dérange
cette économie
Et
sous le prétexte du Beau
Il
arrache de leur tombeau
Les
divinités enemies.
°*°°*°
Ritornando
alla prima parte, Mistero Laico,
De Chirico non é avvezzo a tale confidenza che forse scambiò per
una sorte d’impudenza e nelle memorie della sua vita rifiuta lo
scritto di Cocteau affermando che l’artista francese non ha
saputo, come tutti, leggere la sua pittura.
Pare
che questa volta la mano pura non venga stretta dall’amico
d’affinità. Come però Cocteau scrive, “...un uomo puro non
deve commettere nella vita
alcuna azione che possa essere giustificata con facilità davanti
ai tribunali e i tribunali non meritano mai lo sforzo di un uomo
puro. Nell’opera di De Chirico non scorgo un solo dettaglio che
possa apparire innocente agli occhi dei giudici, perorare la causa
e salvarsi così la testa” (Mistero
laico).