"Il Compagno segreto" - Lunario letterario.Numero 10, maggio 2005 

 


Degas Danza Disegno di Paul Valéry

 

7.  Moi?

 


“...c’è sempre stato un mistico in me” 

(Quaderni, vol. V)

 

“...pittura virile e spersonalizzata...” 

(V. Van Gogh, lett. b-14 a E. Bernard, agosto 1888)

 

 

Uno dei paradossi essenziali di Valéry, è che si tratta di uno scrittore che scrive continuamente di sé, anche più di Rousseau e Stendhal, ma senza mai confessioni. – La quintessenza non coincide mai con la biografia: da lei, al più, occasioni di approfondimenti e sprofondamenti, ma non più della mela che centra la testa di Newton.

 

Qualunque cosa di interessante possa accadere, il punto è che quanto si è fatto reale nella vita, sarà sempre stato appena “tirato a sorte dalle circostanze” (Quaderni, vol. V): da lì in poi, nello spazio solitario dell’elaborazione, nel dramma muto del sublimarsi, dove i fatti provano a uscire da arbitrario e  insensatezza, qualcosa forse accade...

 

Così, anche nel disastro, non c’è psicologia da riferire (“Ci sono due grandi specie di psicologia. Io non appartengo a nessuna di esse.” Quaderni, vol. III), non c’è epos che non sia – come per Stendhal nel meglio del De l’Amour! – quelle di forze essenziali, e dunque impersonali, astatte dalla carne che ne ha pur subito gli effetti…

 

Paradossale sarà allora che uno scrittore capace di tanto, venga giudicato avaro e freddo!… - Il problema potrebbe nascere  dalle sue pose da Accademico di Francia, ma anche del nostro vizio romantico a pretendere sincerità e biografia, e insomma scandalo, mentre qui non ci sono né lettere a Milena, né diari quotidiani alla Plath

 

L’amputazione del bios dalla scrittura, la negazione strenuamente coltivata del personale, non fa somigliare Valéry piuttosto alla Weil, autrice dell’altro grande Diario francese del Novecento? - Al pudore (“l’ira all’inizio verso ciò che non deve essere”, Hegel) corrisponderà per entrambi uno spirito essenzialmente religioso? - Come si sa bene, la cosa non implica Dio, come Dio ormai non implica il religioso.

 

Tornado al punto più generale, lasciamo una domanda: per valutare se uno scrittore è grande, non andranno anche valutate le sue grandi latenze? Questi sacrifici di intere lande del suo possibile essere?…

Tolstoj diceva: “il difficile è non scriverlo”...

 

“D’altronde, d’un uomo non m’importano gli accidenti: né la nascita né gli amori né le miserie né quasi nulla di quanto è osservabile può servirmi. Non vi trovo la minima luce effettiva su quanto gli dà pregio e lo distingue profondamente da ogni altro, e da me. Non dico di non essere anche sovente curioso di tali particolari, che non c’insegnano nulla di solido, quello che m’interessa non è sempre quello che m’importa, e la gente non va oltre. Ma bisogna guardarsi dall’aneddotica amena” (Degas Danza Disegno).

 


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