Ci
sono momenti in cui tutti sono uomini e solo uomini, e non
dovrebbero essere nulla di più; ma quell’artista
che, quando ha finito il suo lavoro quotidiano, ripone con i suoi
attrezzi anche le sue meditazioni, è al livello di un meccanico.
(J.
H. Füssli, Aforismi sull'arte)
“a
proposito dell’ispirazione, la spontaneità, il temperamento,
non so niente…” (Degas)
“La ricerca di
perfezione è una forma di suicidio”
(Quaderni, vol. I), e “un’opera
non è mai veramente finita perché ccolui che l’ha fatta non si è
mai compiuto”
(Quaderni, vol. II).
L’artista,
insomma, degrada l’opera
a occasione per il proseguimento della sua strada, che non è nell’opera
ma nella creazione di se stesso. - Rispetto all’artigiano, il
rapporto mezzi-fine non solo è capovolto ma addirittura cancellato:
se infatti il proprio fine è farsi, “non vi è un fine in
assoluto”
(Quaderni, vol. II),
tanto più che esso riguarda un signore che ha sperimentato allo
stesso tempo l’evanescenza del proprio Io, la sua - ah, Nietzsche!
- insuperabile provvisorietà. - Ma allora: cosa vorrà dire farsi
se quell’Io
che si fa non è nulla?
L’artigiano
invece abita botteghe come un topo il formaggio. Lì, al sicuro nella
sicurezza del mestiere e nella confidenza con gli strumenti, non sa
che farsene di qualunque inconcludenza: il lavoro viene prestato alla
creazione di oggetti il cui carattere fonadmentale è quello di essere
strumenti. - Qui è proprio il fine da raggiungere ciò che conta, la
legge etica che lo lega e che lo salva.
Allo
stesso tempo, è dell’artigiano la cura, il buon dover-essere
del mestiere. -
Sottolineando che fare versi implica le sapienze inderogabili di una
tecnica, Valéry aggiunge una difesa che salvi dalla cattiva poesia,
nemico molto peggiore del buon artigianato. - Niente di nuovo neanche
qui, se anche un campione di romanticherie come Byron
ci teneva a dire che la poeticità non si riduce mai agli streams
of consciousness di un ubriaco...
“...trovo
piuttosto significativo che un’epoca della quale si può ben dire
che ha preso per sovrana, quasi per idolo, la tecnica, che si
affatica organizzando, articolando, ritmando, componendo e
componendo tutte le fasi di lavorazione, che parla solo di
controllo, test, standard, specializzazione e specialisti, - abbia,
al contrario, nell’industria delle lettere e delle belle arti,
rifiutato tutti i metodi trasmettibili, tutte le misure comuni,
tutte le condizioni di confronto universalmente consentite. Ma
l’arte, secondo l’opinione dei moderni, è così strettamente
associata all’idea fissa della spontaneità o a una sorta di
spiritualismo rivoluzionario, che un’opera che non respiri un non
so che di ribelle e di fazioso viene ritenuta poco interessante. Non
è, in fondo, che una convenzione di rottura e di incommensurabilità
che si sostituisce alle antiche – con il vantaggio, rispetto a
quelle, di essere semplice e unica.”
(P.
Valéry, Scritti sull’arte)