"Il Compagno segreto" - Lunario letterario.Numero 10, maggio 2005 

 


Degas Danza Disegno di Paul Valéry

2.  Ars, artista, artigiano

 


Ci sono momenti in cui tutti sono uomini e solo uomini, e non dovrebbero essere nulla di più; ma quell’artista che, quando ha finito il suo lavoro quotidiano, ripone con i suoi attrezzi anche le sue meditazioni, è al livello di un meccanico.

(J. H. Füssli, Aforismi sull'arte)

 

“a proposito dell’ispirazione, la spontaneità, il temperamento, non so niente…” (Degas)

 

La ricerca di perfezione è una forma di suicidio (Quaderni, vol. I), e un’opera non è mai veramente finita perché ccolui che l’ha fatta non si è mai compiuto (Quaderni, vol. II).

 

Lartista, insomma, degrada l’opera a occasione per il proseguimento della sua strada, che non è nell’opera ma nella creazione di se stesso. - Rispetto all’artigiano, il rapporto mezzi-fine non solo è capovolto ma addirittura cancellato: se infatti il proprio fine è farsi, non vi è un fine in assoluto (Quaderni, vol. II), tanto più che esso riguarda un signore che ha sperimentato allo stesso tempo l’evanescenza del proprio Io, la sua - ah, Nietzsche! - insuperabile provvisorietà. - Ma allora: cosa vorrà dire farsi se quellIo che si fa non è nulla?

 

L’artigiano invece abita botteghe come un topo il formaggio. Lì, al sicuro nella sicurezza del mestiere e nella confidenza con gli strumenti, non sa che farsene di qualunque inconcludenza: il lavoro viene prestato alla creazione di oggetti il cui carattere fonadmentale è quello di essere strumenti. - Qui è proprio il fine da raggiungere ciò che conta, la legge etica che lo lega e che lo salva.

 

Allo stesso tempo, è dellartigiano la cura, il buon dover-essere del mestiere. - Sottolineando che fare versi implica le sapienze inderogabili di una tecnica, Valéry aggiunge una difesa che salvi dalla cattiva poesia, nemico molto peggiore del buon artigianato. - Niente di nuovo neanche qui, se anche un campione di romanticherie come Byron ci teneva a dire che la poeticità non si riduce mai agli streams of consciousness di un ubriaco...

 

“...trovo piuttosto significativo che un’epoca della quale si può ben dire che ha preso per sovrana, quasi per idolo, la tecnica, che si affatica organizzando, articolando, ritmando, componendo e componendo tutte le fasi di lavorazione, che parla solo di controllo, test, standard, specializzazione e specialisti, - abbia, al contrario, nell’industria delle lettere e delle belle arti, rifiutato tutti i metodi trasmettibili, tutte le misure comuni, tutte le condizioni di confronto universalmente consentite. Ma l’arte, secondo l’opinione dei moderni, è così strettamente associata all’idea fissa della spontaneità o a una sorta di spiritualismo rivoluzionario, che un’opera che non respiri un non so che di ribelle e di fazioso viene ritenuta poco interessante. Non è, in fondo, che una convenzione di rottura e di incommensurabilità che si sostituisce alle antiche – con il vantaggio, rispetto a quelle, di essere semplice e unica.”

(P. Valéry, Scritti sull’arte)


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