Signore,
io ero nel nulla; infinitamente nessuno e tranquillo. Sono stato
disturbato in quella situazione per venir immesso in uno strano
carnevale... e, a cura vostra, venni dotato di tutto il necessario
per soffrire, godere, capire ed ingannarmi; doni ineguali.
Vi
considero il padrone di questo nero che io guardo quando penso, in
cui verrà scritto l’ultimo
pensiero.
Datemi,
o Nero, il supremo pensiero...
Ma
il pensiero genericamente qualsiasi può essere il «supremo
pensiero».
Se
fosse diversamente, se ci fosse un supremo in sé e per sé, noi
potremmo trovarlo con la riflessione o per caso; ed avendolo trovato
dovremmo morire. Sarebbe poter morire d’un certo pensiero,
solamente perché esso non ne ha uno successivo.
Confesso
che ho considerato la mia inelligenza come un idolo, ma non ho
trovato nessun altro idolo. Le ho fatto delle offerte e l’ho
ingiuriata. Non come cosa mia.
Ma...
(P.
Valéry, Monsieur
Teste)