Questo
curioso argomento non è stato considerato, che io sappia. E se dico il
vero, è un ulteriore segno della nota leggerezza dei critici.
Ogni
lettura protratta di un autore predispone il lettore a emettere pensieri
o forme… omogenei a quelli dell’autore. A continuarlo in un’altra
bocca.
Non
si tratta di plagio, né di imitazione ragionata. Ma la cosa letta
comunica un modo, un accento, un movimento degli effetti, che
attecchisce.
I
risultati ottenuti sono molto interessanti. Essi non sono né presi in
prestito dall’autore, né sempre inferiori ai suoi, né sempre
facilmente riconoscibili, né esclusivi di un’attività diretta e
propria dell’autore secondario; essi possono essere più importanti.
Possono
inoltre costituire delle combinazioni dell’autore primario con altri e
con l’autore secondario.
In
questa esperienza viene messa in gioco direttamente la definizione così
difficile della forma letteraria.
(P.
Valéry, Quaderni, vol. III)