Negli anni della repubblica di Weimar, il gusto del travestitismo, consueto nei cabaret di Berlino specie nella zona di Nollendorfplatz, aveva ispirato un film di grande successo come Victor und Victoria (sceneggiatura e regia di Reinhold Schünzel, 1933). Reinhold Schünzel (1888-1954) aveva recitato con Curt Veidt nel già citato Anders als die Andern, in cui l’omosessualità viene presentata per quello che è: una delle possibili condizioni naturali. Victor und Victoria (1933) fu un successo, ed ebbe subito remakes in Francia e Inghilterra (e, molti anni dopo, nel 1982, l’ultimo e più famoso dei rifacimenti da parte di Blake Edwards). Schünzel era un attore e un regista molto popolare in Germania, e questo gli permise di lavorare, benché mischlinge (mezzo ebreo), nei primi anni del nazismo grazie a un permesso speciale. Schünzel emigrò in America nel 1937, dove non ebbe fortuna. Tornò in Germania nel 1949.
L’ambigua e compiaciuta Marlene Dietrich, che a Nollendorfplatz si esibiva all’Eldorado, sarebbe diventata la più grande stella che il cinema tedesco avrebbe mai avuto: gli americani, attoniti, imparono a conoscerla, prima ancora che ne L‘Angelo azzurro (Der Blaue Engel Joseph von Sternberg, 1930), in Marocco (sempre di Sternberg, 1930) dove in frac nero e cilindro bacia sulla bocca un’altra donna. Il documentario Der ewige Jude raccontava quindi che rendere la Germania judenfrei voleva dire liberarla anche da questa confusione dei sessi: proprio quella commistione che l’ebreo Billy Wilder porterà alla perfezione nell‘immortale A qualcuno piace caldo (Some like it hot, 1959).
(da: Francesco Carbone, Da Hitler a Casablanca (via Hollywood). Cineasti ebrei in fuga dal nazismo, Edizioni EUT, Trieste 2011)