Nell’anno di Casablanca, il 1942, Michael Curtiz aveva già diretto con grande successo Ribalta di gloria (Yankee Doodle Dandy, 1942). Il film guadagnò sette nomination agli Oscar vincendone tre. Racconta la biografia dell’attore, musicista e ballerino George Michael Cohan, strepitosamente interpretato da James Cagney (uno dei tre Oscar). Al di là delle più rosee aspettative, nel 1944 anche Casablanca vinse tre Oscar, perfino più importanti: miglior film, migliore sceneggiatura non originale, migliore regia: l’unico della carriera di Curtiz. E questo, mentre il film veniva girato, pare che quasi nessuno l’avesse immaginato.
Al di là dell’aneddotica, proliferata di pari passo con la mitizzazione del film, Casablanca non fu un film più caotico di tanti altri prodotti dalla Warner. Che si iniziassero le riprese senza una sceneggiatura non solo dettagliatamente definita, ma neppure conclusa in prima stesura, non era un fatto raro. Soprattutto non lo era per Curtiz, famoso per essere il più capace a sbrogliare situazioni per tutti gli altri ingovernabili. Un altro dei registi di punta della Warner, William Dieterle, raccontò: «Sotto Zanuck talvolta dovevamo cominciare un film con solo dieci pagine di copione. (…) Se un regista non era abbastanza veloce o era una fonte di guai, lo sostituivano, di solito con Mike (Curtiz). Mike faceva tutto. Era capace di finire un film alle 11 e di cominciarne uno nuovo all’una del pomeriggio. Aveva un talento straordinario. Non sempre sapeva quel che stava facendo, ma aveva un tale istinto per il cinema che riusciva a farlo. Io non ne ero capace. Se non avevo il copione ero perduto» (THOMAS ELSAESSER, Il regista «a contratto»: William Dieterle e il film biografico, in AA. VV. Hollywood in progress).
(da: Francesco Carbone, Da Hitler a Casablanca (via Hollywood). Cineasti ebrei in fuga dal nazismo, Edizioni EUT, Trieste 2011)