"Il Compagno segreto" - Lunario letterario. Numero 15 giugno 2011
|
n. 15 °*° Da Hitler a Casablanca via Hollywood °*° n. 15 cineasti ebrei in fuga dal nazismo
15. Chi è ebreo?
|
Ciò che doveva “morire” era tutto ciò che non fosse rapidamente assimilabile nel melting-pot americano, e dunque anche la stessa identità ebraica. Il grande produttore David O. Selznick, ebreo di Pittsburgh, quando Ben Hecht, uno dei migliori sceneggiatori che abbia mai avuto Hollywood, gli chiese di firmare un telegramma di sostegno al nuovo Stato d’Israele, rispose che non era interessato a quei problemi: «Sono un americano, non un ebreo» (Cit. in PATRICIA ERENS, The Jew in American Cinema). Anche per molti ebrei europei, «ebrei, in verità, che poco o nessun valore attribuivano al fato di essere tali» (GERSHOM SCHOLEM, Walter Benjamin. Storia di un’amicizia), le radici furono un rimosso che solo la persecuzione nazista obbligava a risvegliare: paradossalmente, per quelli che riuscirono a emigrare, il problema fu dunque cercare di liberarsi di un’identità che non sentivano, se non come una camicia di Nesso, dalla quale dunque al più presto tornare a liberarsi: «lo crediate o no, non sapevo neanche di essere ebreo fino a quando non iniziai la scuola superiore», raccontò il regista Edgar G. Ulmer, nato nel 1904, a Peter Bogdanovich (PETER BOGDANOVICH, Edgar G. Ulmer, ora in AA. VV., Vienna-Berlino-Hollywood. Il cinema della grande emigrazione).
(da: Francesco Carbone, I vecchi maestri, introduzione a Da Hitler a Casablanca (via Hollywood). Cineasti ebrei in fuga dal nazismo, Edizioni EUT, Trieste 2011)
|
|