"Il Compagno segreto" - Lunario letterario. Numero 15 giugno 2011
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n. 15 °*° Da Hitler a Casablanca via Hollywood °*° n. 15 cineasti ebrei in fuga dal nazismo
13. Uno specchio ebreo per l'America incattivita
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Il cinema di Hollywood si volle strenuamente “specchio del paese” e le masse di ebrei europei che dal 1933 iniziarono affollarsi alle porte di una nazione nel pieno della Grande Depressione trovarono un’America sempre più intenzionata a chiudersi: «comunque stessero le cose, era chiaro che nel passaggio dal Vecchio al Nuovo Mondo l’ebreo aveva portato con sé una pesante eredità: e che questa eredità comprendeva anche qualcosa – l’immagine, lo stereotipo radicato nei secoli dell’ebreo come pericolo e come minaccia – che volentieri si sarebbe lasciato alle spalle» (GUIDO FINK, Non solo Woody Allen. La tradizione ebraica nel cinema americano). Nel cinema americano si dà così uno dei mille casi del «paradosso» (GIORGO AGAMBEN, Homo sacer) del rifugiato, l’uomo per cui non poteva valere fino in fondo il «world-wide welcome» (Dal sonetto The New Colossus,1883, di Emma Lazarus, scolpito dal 1903 sulla placca di bronzo montata sul piedistallo della Statua della Libertà): «La concezione dei diritti dell’uomo basata sull’esistenza supposta di un essere umano come tale, cadde in rovina non appena coloro che la professavano si trovarono di fronte per la prima volta uomini che avevano perduto ogni altra qualità e relazione specifica – tranne il puro fatto di essere umani» (HANNAH ARENDT, Essay in understanding 1930-1954).
(da: Francesco Carbone, I vecchi maestri, introduzione a Da Hitler a Casablanca (via Hollywood). Cineasti ebrei in fuga dal nazismo, Edizioni EUT, Trieste 2011)
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