«Amleto s’inganna, Amleto non capisce
se stesso, e neanche Shakespeare lo capisce, è un genio troppo
grande per cadere nella presunzione e illusione di poter capire un
essere umano. Egli lo sente così e lo mostra. In realtà Amleto vive
con dolore l’oscura esperienza metafisica (v. II, ii, 363-4) della
mutabilità, e la assolutizza. Dal mondo sono sparite le virtù
aristocratiche, lealtà, devozione, fedeltà, costanza. Nel vuoto che
lo circonda Amleto si aggrappa al pundonor, al culto del
ghenos, al disprezzo nobiliare per la natura letamaio, di sostanze
chimiche, per il comune homo faber, per il destino dell’uomo nello
stato del Grande Lupo amico dei borghesi e nemico dei nobili.
Amleto rifiuta il mondo «freddo» di Machiavelli, di Bacone, di
Hobbes, ma le sue virtù «calde» sono ormai inattive.»
(N.
D’Agostino, Nota a W. Shakespeare, Amleto, Milano 2004).
«Anche il
soliloquio più segreto è una doxa, l’opinione di chi parla su
se stesso. Ancora di più, l’autore mostra con distacco, come
fenomeni, tutti i fatti e gli eventi e gli oggetti della scena.»
(N.
D’Agostino, Shakespeare e i greci, Roma 1994)
«Il nome Amleth, Amlóði, Amlaghe in
medio inglese, Amlaidhe in irlandese, equivale sempre a
«sempliciotto», «stupido», «senza intelletto, come una bestia» e
rimane in uso come aggettivo.»
(G. de
Santillana – H. von Dechend, Il mulino di Amleto, Milano
2003)
Come Falstaff Amleto avrebbe potuto essere «un grande vitalista (…)
se non fosse stato per l’intervento dello spettro.»
(H. Bloom, Shakespeare, Milano
2003) |
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«L’Amleto shakespeariano è,
comunque, un testo campione di scrittura “scombinata”. Lo confermano
tutte le interpretazioni cartacee e le insignificanti
rappresentazioni teatrali e cinematografiche (l’ignoranza pensierosa
dissimulata nella pazzia – tutt’altro che “finzione” – dell’attorume
sempre nerovestito, un libro – forse un’esegesi dei luoghi comuni
– tra i piedi, e quella mano costante al mal di vuoto in zucca, a
significare intellettualoide labirintite: megalomania contagiosa del
“quest’anno faccio Amleto dunque penso”).»
(C. Bene, Opere, Milano 2002)
«Hamlet is, through the whole play, rather an instrument than an
agent.»
(S. Johnson, The Plays of William
Shakespeare, 1765)
«Pochi critici
hanno mai ammesso che Hamlet, dramma, sia il problema
primario e Amleto, personaggio, soltanto quello secondario.»
(T.
S. Eliot, Amleto e i suoi problemi, in Il bosco sacro)
«E’ evidente che
Shakespeare aveva un rapporto personale con Amleto…»
(H. Bloom,
Shakespeare, Milano 2003)
AMLETO - Ma io
ho dentro qualcosa che non si può mostrare.
(Atto I, sc.
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