«Molto più noto è il ritardo: sebbene sia una tragedia
movimentata, anzi febbrilmente energetica, l’Amleto
procede con lentezza. (…) Nell’Amleto, il raddoppiamento
può servire per l’appunto a rallentare sia l’azione che il linguaggio,
mentre paradossalmente tutto rimane, per così dire, carico di
significato e di un senso di minaccia.»
(F. Kermode, Il linguaggio di Shakespeare, Milano
2000)
«l’uso tipico dell’Amleto (e dello stile elisabettiano dei
traduttori studiato da F.O. Matthiesen in Translation, An
Elisabethian Art, 1931, New York 1965) dei doublets o
endiadi o duplicazioni di parole, di frasi, di personaggi ecc. (…). E’
un uso che può associarsi a una ricorrenza di schemi binari (ma poi
anche ternari) in tutto il lavoro, uno sdoppiamento o moltiplicamento
ossessivo che Levin (H. Levin, The Question of Hamlet, New
York 1961) connette con gli equivoci, i doppi sensi, il discorso e
l’agire doppi della tragedia.»
(N. D’Agostino, Nota a W. Shakespeare, Amleto, Milano 2004)
«La trama del verso è caratterizzata da una tendenza a raddoppiare
parole e frasi… i discorsi abbondano di endiadi… talora i sostantivi a
coppie sono sinonimi ridondanti… e queste figure del discorso sono
indubbiamente più ornamentali che funzionali; eppure riempiono
l’atmosfera di sottintesi che comunicano una sensazione di incertezza
e indecisione»
(H. Levin, The Question of Hamlet, New York 1961)