POLONIO - Che cosa state leggendo, monsignore?
AMLETO - Parole, parole, parole.
(Amleto,
Atto II, sc. 2)
Le
cose che Amleto legge nel suo libro melanconico, e su cui lo
interroga Polonio per scandagliarne la follia, riguardano un tema
classico della trattatistica di sempre: un
De senectute
senza infingimenti e sublimazioni. Ed è interessante che in un
dramma in cui i vecchi fanno fuori i giovani
questo
legga Amleto. Visto che la battuta più celebre («parole, parole,
parole») l’aveva già scritta
Erasmo da
Rotterdam
a proposito della Cabala, vien voglia di confrontare un branetto
dell’Elogio della
follia
con il
celebre scambio tra Amleto e Polonio, e subito risalta quanto
fosse composto e canonico l’umanista ed estroso antifrastico e
paradossale il Bardo:
|
«Del resto,
il color alticcio dei capelli, la bocca sdentata, le dimensioni
ridotte del corpo, l’appetito del latte, la balbuzie, la
garrulità, l’incongruenza, la smemoratezza, la spensieratezza (…);
e più gli uomini s’inoltrano nella vecchiaia, più si riavvicinano
alle caratteristiche dell’in-fanzia, finché se ne vanno dalla
vita, come veri e proprî bambini, senza il tedio della vita e
senza la coscienza della morte.»
(Erasmo da
Rotterdam, Elogio della
follia,
cap. XIII)
|
|
POLONIO:
Voglio dire, che cosa dicono le parole che leggete, monsignore.
AMLETO:
Calunnie, signore. Questa birba satirica sostiene che i vecchi
hanno barbe grigie, facce grinzose, occhi che spurgano ambra densa
e gomma di susino, e gran deficienza di senno assieme a natiche
debolissime - tutte cose, signore, che anch'io credo
fortissima-mente e in profondo, ma non mi pare decente metterle
giù in questo modo. Anche voi signor mio difatti invecchierete
come me - se poteste rinculare come i granchi.
(Amleto,
Atto II, sc. 2)
|