ORAZIO : Si
spezza un nobile cuore. Buona notte, dolce principe, e canti e voli
d'angeli ti accompagnino al tuo riposo.
(Atto V, sc. 2)
Cos’è questa fola degli angeli che
verrebbero a prendere lo spirito di Amleto appena esalato dalla
giovine stremata carcassa? Importuno ottativo. Il povero principe è un
pluriomicida non pentito, ha ucciso quattro persone, lasciando stare
la pletora di gozzoviglie studentesche tutt’altro che ripudiate.
Ruini gli concederebbe i funerali in Chiesa (vedi il
sacerdotaccio che dice cattiverie su Ofelia suicida e riscattata al
rito solo per l’esser pur sempre figlia d’un potente)?… A differenza
dello Spettro, che ci sarà chi vede e chi no, gli Angeli non li vede
nessuno: li farnetica il mite Orazio, uomo indefettibilmente “buono”,
quindi definibile, come la rosa della Stein o la Luna della
Salomè di Wilde, solo per tautologie.
Più onesto pensare che il babbo
stranamente salvo (in Purgatorio?! La cosa non finirà di stupire),
spedisce dritto sotto la coda di Minosse l’unico figlio solo per amor
di faida. Tanto valeva fare il figlio di Claudio.
Gli Angeli appaiono nel testo tre
volte: la prima quando Amleto li chiama contro lo Spettro
(Atto I sc. 4); la seconda quando Claudio li invoca nella sua
paradossale richiesta di un perdono senza pentimento; la terza li
evoca appunto Orazio perché accompagnino Amleto morto, benché
pluriomicida, in cielo.