«Shakespeare
impiegò molto tempo a scrivere questa tragedia. Considerata
l’abituale sicurezza di Shakespeare nella stesura dei suoi copioni,
una simile anomalia è indice di una qualche insoddisfazione. Il
risultato non è quello che si proponeva. T. S. Eliot ha
parlato di un «insuccesso artistico». Amleto, l’unico
personaggio inattivo [n.d.r. !?],
non è perfettamente integrato nell’intreccio e non risulta
adeguatamente motivato [n.d.r. qui Auden condivide alla lettera
Eliot], anche se i personaggi attivi sono eccellenti. Polonio
è un dispensatore di consigli pseudo-pragmatico, una sorta di
voyeur per quanto riguarda la vita sessuale dei suoi figli. A
Laerte piace apparire come un dinamico uomo di mondo che fa
visita a tutti – ma guai a chi tocca mia sorella! Ed è geloso
dell’intelligenza di Amleto. Rosencrantz e Guildenstern sono
yes-men. Gertrude è ritratta come una donna a cui
piace essere amata, avere un po’ di romance nella sua vita. E
Orazio non brilla per sagacia, anche se ha letto molto e quel
molto sa ripeterlo.»
(W. H.
Auden, Lezioni su Shakespeare)
«I caratteri
di Shakespeare sono in se stessi conseguenti, rimangono fedeli a se
stessi e alle loro passioni, e in tutto quel che sono e capita loro,
si battono solo secondo la propria ferma determinazione.»
(G. W. F.
Hegel, Estetica)
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«Preso come
copione, l’Amleto è la storia di tre giovani e di una
ragazza. I giovani sono coetanei, si chiamano Amleto, Laerte e
Fortebraccio. La ragazza è più giovane di loro, si chiama Ofelia.
Tutti e quattro vengono coinvolti in un cruento dramma politico e
familiare. Tre di loro vi periranno, il quarto, piuttosto per caso,
diventerà re di Danimarca.»
(J. Kott,
Shakespeare nostro contemporaneo, Milano 2006)
«Noi non
sapremmo dire, e neppure Shakespeare ce lo dice, perché Jago è
cattivo, perché Regan e Goneril hanno il cuore duro o perché sir
Andrew Aguecheek è uno sciocco. Ci basta che siano quello che sono,
e che la natura ammetta la loro esistenza. Se il personaggio di un
dramma è vitale, se lo riconosciamo come plausibile in natura, non
abbiamo il diritto di chiedere che l’autore ce ne spieghi la genesi.
Dobbiamo accettarlo così com’è: e nelle mani di un buon drammaturgo,
la semplice presentazione di un personaggio può sostituire
l’analisi, e in verità è spesso un metodo molto più teatrale, perché
più diretto.»
(O. Wilde,
Ben Jonson, in Autobiografia di un dandy, Milano 1996)
«…egli
s’incarna nella persona che al momento parla e si pone nella sua
ottica, anche contro se stesso.»
(A.
Strindberg, Amleto e Faust, Milano 1988)
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