«Gli inglesi stessi hanno riconosciuto che l’interesse finisce col
terzo atto…»
(W. Goethe,
Wilhelm Meister. Gli anni dell’apprendistato, Milano 2006)
«Il ridicolo prepara all’orribile»
(L. Tieck, Il meraviglioso in Shakespeare, 1793); ma
anche il viceversa. - «I funerali di Ofelia sono stati una buffonata
convulsa: il duello una furia di spadate da beccaio. L’unico a sapere
qualcosa è certo quel sordido fantasma, ma sarebbe vano e forse
rovinoso interrogarlo» (G. Manganelli, Un amore impossibile,
in Agli dèi ulteriori, Torino 1972).
Predisposto da Laerte e Claudio il
piano, il resto è pochade: «Ho comprato un unguento da un ciarlatano…»
(Atto IV; sc. 7): «basterà un graffio»… così parla Laerte, un
furbetto del quartierino che «la marmaglia / chiama signore» (Atto
IV, sc. 5). Il Re aggiunge un veleno suo («basterà un sorso») a
quello del ciarlatano da offrirgli in una coppa: ammazzarlo due volte
perché non muoia a metà… i due tramano… in quanto furbetti, sarebbero
perfetti Totò e Peppino che cercano di far scema l’avara Titina per
rubarle il denaro necessario a uno stralcio di dolce vita…
Seguono da tanti errori pochi
rapidissimi fatti: la regina beve nella coppa avvelenata al posto del
figlio; Laerte viene ferito dalla spada da lui stesso avvelenata; il
re viene infilzato dalla spada di Laerte e ingozzato a sua volta col
veleno della coppa che aveva predisposto… notevole che «Amleto il
danese» (Atto V, sc. 1) dia al moribondo del «dannato Danese»
(Atto V, sc. 2), ma non è la prima volta che in questa
Danimarca il peggio che possano farsi è darsi del Danese… Amleto
quindi agonizza e dice parole bellissime e per una volta brevi. Orazio
si crede più un antico romano che un danese – anche lui! - e decide di
avvelenarsi a sua volta, ma Amleto lo ferma perché vuole che resti
«per narrare la mia storia»
(Ibid.). Amleto
morente vota per Fortebraccio re, che è il figlio omonimo del nemico
dell’omonimo suo padre (il Fantasma!). «Il resto è silenzio».
Fortebraccio pronunciando un breve elogio del morto accetta la corona;
la sua ultima parola è «sparare». – Morti Gertrude, Ofelia, Polonio,
Amleto e Claudio, sopravvivono – legge darwiniana? – solo gli
insignificanti, che subiscono una sola perdita: Laerte. I superstiti,
questo necessario contorno della tragedia, appaiono al momento
rintronati, ma li sappiamo capaci di oblio. Saranno, come del resto
sempre, estimatori imbambolati del presente in quanto tale:
fortebraccisti della prima ora. Da ciò la necessità, per il morto
Amleto, di Orazio, parco emblema della scrittura.