«…fatta eccezione per le due donne,
parlano tutti troppo. (Si tratta ovviamente solo di un effetto
drammatico, non certo di un autentico spreco di parole). «Lasciami
dire in breve», afferma lo spettro, e procede per una cinquantina di
versi. «Sarò breve», proclama Polonio quando la regina lo incoraggia a
sintetizzare, ma breve non è. Persino la Regina Attrice, a detta di
Gertrude, la fa troppo lunga. Amleto poi, si sa, parla tantissimo: si
domanda perché debba «come una bagascia disfare il cuore mio in
parole», ma seguita a parlare. Parla talmente tanto che finisce col
sembrare una sorta di guida e di commentatore al dramma e uno dei più
consueti errori interpretativi dell’Amleto è quello di
assumere il punto di vista di Amleto come quello di Shakespeare. Ma il
giudizio che Amleto formula su Polonio, sulla colpa di sua madre per
aver sposato Claudio, sul tradimento di Rosencrantz e Guildenstern, se
da un lato può verosimilmente essere accettabile, è dall’altro
esagerato dal suo umor melanconico; è, per così dire, malato.»
(N. Frye, Shakespeare,
Torino 1990)