AMLETO - Benvenuti, maestri miei. Benvenuti tutti quanti. Son contento
di trovarti bene. Benvenuti, amici.
(Atto III, sc. 2)
«Ma nella natura autentica di questo
giovane, che, forse fin dalla nascita, non s’è trovato perfettamente a
casa quaggiù, in questa “prigione”, in questa “valle di lacrime”, c’è
un tratto a dir poco divino: difatti, per lui, tutti gli uomini sono
uguali. Egli è popolare, sebbene sia l’erede al trono. Pertanto se la
fa col buffone Yorick, gli attori, gli studenti e quando si rivolge
agli umili becchini è ancora gentile e per niente altero. Inoltre è
adorato dal popolino, o da tutto il popolo, tanto che il re teme
quel favore delle masse; e tuttavia, Amleto non è democratico, uno
che lecca i piedi al “volgo profano” per acquisire poteri. Il suo
punto di vista è così universalmente umano che si libra aldisopra di
tutto: trono e corte, società e leggi; se avesse avuto un’indole più
comune avrebbe, non ucciso il patrigno, ma fomentano una rivoluzione,
rovesciato il monarca e fatto decapitare legalmente l’assassino.»
(A. Strindberg, Amleto e Faust,
Milano 1988)