AMLETO -
…Morendo gli do il mio voto. Diglielo, e digli i fatti gravi e
minori che mi hanno spinto... Il resto è silenzio. (Muore.)
(Atto V, sc.
2)
«…il
kenoma, il vuoto palpabile o la terra desolata in cui si
conclude il vero dramma di William Shakespeare.» (H. Bloom,
Shakespeare, Milano 2003)
«All’amore
amletico per il prestigio e al suo spirito aristocratico dobbiamo i
versi più intensi e struggenti del finale. La morte come felicità
non è solo pessimismo esistenziale, ma anche dottrina cristiana che
indica al giusto virtuoso l’uscita da questa valle di lacrime, o dal
mondo abominevole di Lutero e Calvino. Un’immagine possibile di
Amleto è quella religiosa, della religiosità cupa, fanatica e
sinistra del puritanesimo. Anche per i puritani «il delitto maggiore
dell’uomo è essere nato» e la felicità la via d’uscita verso il
trascendente.» (N.
D’Agostino, Nota a W. Shakespeare, Amleto, Milano 2004)
«Deciso,
indeciso, illuso, propenso al rinvio e alla delega, Amleto è se
stesso sino alla fine, che non è la fine eroica e strappalacrime
delle messinscene tradizionali, ma una fine ironica.»
(N. D’Agostino, Nota a W.
Shakespeare, Amleto, Milano 2004)
«The
last scene of the tragedy rest on deep layers of archaic symbolism;
in the death, incest and rebirth form an identity.» (K. R.
Eissler, Discourse on Hamlet and HAMLET, New York 1971)
«Quel
che rimane sul palcoscenico al termine della tragedia è un pathos
assurdo.» (H. Bloom, Shakespeare, Milano 2003)
«Un
Amleto di meno: la razza non s’è persa, diciamolo pure!» (J.
Laforgue, Amleto, ovvero Le conseguenze della pietà filiale)