«Di lei non si può dire molto. (…) Tutto il suo essere fluttua in una
dolce, piena sensualità.»
(J. W. Goethe, Wilhelm Meister.
Gli
anni dell’apprendistato, Milano 2006)
«In verità, se le parole «facile» e
«difficile» hanno senso nell’ambito dell’arte, direi quasi che Ofelia
è la parte più difficile. Ofelia ha meno materiale con cui ottenere un
effetto. E’ l’occasione della tragedia, ma non ne è né l’eroina né la
vittima principale. Viene trascinata dalle circostanze e diventa causa
di situazioni di cui non è l’elemento centrale e di cui non ha il
controllo. E di tutti i ruoli che Ellen Terry ha interpretato
nella sua brillante carriera, Ofelia è quello in cui meglio si
esprimono la sua infinita capacità di pathos e la sua facoltà di
immaginazione e creatività- la signorina Terry è una di quelle rare
attrici che non hanno bisogno, per creare un effetto drammatico, di
dialoghi elaborati, poiché sono sufficienti le parole più semplici.
«Non ti amavo» dice Amleto, e Ofelia risponde soltanto: «Dunque mi
sono molto ingannata». A leggerle, queste parole non sembrano
straordinarie, ma nell’interpretazione di Ellen Terry suonavano come
la più alta espressione possibile del carattere di Ofelia. E di grande
bellezza era l’improvviso rimorso che esprimeva con il viso e con i
gesti nel momento in cui mentiva a Amleto dicendo che il padre era in
casa. Quel momento mi è parso un capolavoro di interpretazione, e la
scena della follia era indescrivibilmente bella. La signorina Terry
conosce i segreti di Melpomene quanto quelli di Talia.»
(O. Wilde, “Amleto” al Lyceum,
in Autobiografia di un dandy, Milano 1996)