«L’uomo
dionisiaco assomiglia ad Amleto»
(F. Nietzsche,
La nascita della tragedia, 1873)
Tutto Amleto pare
dire: se si pensa, non si fa; se si fa, dopo quasi sempre si piange.
Amleto sa l’effetto del «meditare troppo sull’azione» (Atto IV, sc.
4), ma ogni meditare è troppo, ogni indugio nella coscienza
spegnerebbe ardore ed efficienza non solo al sicario di Clarence nel
Riccardo III. - Amleto dice alla madre: «Non guardarmi,
perché mi susciti / Pietà e svii i miei duri propositi. E allora / Ciò
che devo fare mancherà del suo colore: / lacrime, forse, anziché
sangue» (Atto III, sc. 4).
«La conoscenza uccide l’azione,
per agire occorre essere avvolti nell’illusione – questa è la dottrina
di Amleto, non già la saggezza a buon mercato di Hans il sognatore,
che non si decide ad agire per troppa riflessione, quasi per
sovrabbondanza di possibilità. Non è la riflessione, certo – è la vera
conoscenza, è la visione della verità raccapricciante, che prepondera
su ogni motivo sospingente all’azione, tanto per Amleto quanto per
l’uomo dionisiaco.»
(F. Nietzsche, La nascita
della tragedia, 1873)
Né, come già al Petrarca del
lancinante Secretum, bastano gli ordini dei fantasmi,
che anzi intricano ancora di più i propositi («Si decide da soli, ma
la decisione è popolata di fantasmi», M. Ferraris, Introduzione
a Derrida, Bari 2005). – Ben più importante del capire che lo
Spettro non gli abbia mentito, ciò che Amleto alla fine cerca davvero
per assolvere alla missione è una buona miscela tra caso e
avventatezza (e questo sì potrebbe essere moderno):
«La nostra avventatezza a volte
ci serve bene
Quando le nostre profonde trame
falliscono…»
(Atto V, sc. 2)
Vedi come spera che dietro l’arazzo
il «topo» infilzato per un niente sia Claudio il libidinoso e non
Polonio. - E invece no, nemmeno un aiutino dall’umorale «vantaggio
dell’incostanza» (M. de Montaigne, Saggi, vol. III):
solo nel deserto del libero arbitrio (casuale e pulsionale,
altroché…), si ritrova a far l’asino Buridano tra essere e non essere.
E fin qua almeno respira. Stretto alle corde, fugge nell’isteria. La
sua rassegnazione, il suo cristianesimo, il suo fatalismo: tutte
isterie.