"Il Compagno segreto" - Lunario letterario.Numero 12, settembre 2007 

 


n. 12 °*° W. Shakespeare : Fantasmi di Amleto  °*° n. 12

23.  Sembrare di Essere

 


 

REGINA - Ma se lo è / perché ti sembra una cosa che succede a te solo?

AMLETO - Sembra, signora? No, è. Io non conosco “sembra”!

(Atto I, sc. 2)

 

 

«Meglio esser marci che esserlo creduti,

se il non essere d’esserlo s’accusa,

e il giusto piacere è perso…»

(S0netto 121, vv. 1-3)

 

 

  

Una delle prime ironie, una delle prime struggenti rodomontate del giovane principe è qui: lui non vuol sembrare ma essere! Come si vede, da subito in Amleto si seminano le parole che cristallizzeranno nel più celebre dei soliloquî, e da lì echi fino alla fine del dramma. – Intanto, come gli capita, esagera. Molto più umile e vero il «I profess to be no less than I seem», che dice il misconosciuto Kent a Lear (Re Lear, Atto I, sc. 4).

Nel caso di Amleto, tutto quanto seguirà - a cominciare dallo Spettro - sarà sempre sul punto di essere declassato a pura sembianza, a inganno dell’operosissimo non-essere (proprio così pensano i platonici)… Alla fine non si saranno aizzate che sembianze ambigue se non addirittura indecifrabili. L’unica cosa che resta («the rest» che avanza al resto-è-silenzio) come sublimazione residua dello sfascio, sarà la possibilità che Orazio ne faccia un racconto. Il che presuppone uomini capaci di credere alle favole, e la possibilità di scrivere favole vere: sembianze vere.

 

«Tutto ciò rientra nella sensibilità tardorinascimentale, manieristica, e poi barocca, in cui nasce il relativismo moderno ed emerge la poetica dell’illusorio, per autoriflessione della rappresentazione disancorata dal rigido sistema medievale e poi rinascimentale delle somiglianze e del senso ontologico di tutti i comparti del reale (al riguardo si veda soprattutto Foucault, Le parole e le cose, ed. it. 1967). La vita è sempre più illusione, teatro, sogno. Essere e sembrare si scambiano indefinitivamente le parti, e non più tanto, secondo la lezione platonica, in senso verticale-idealistico, quanto in senso orizzontale-empirico.»

 

(A. Serpieri, Polifonia shakespeariana, Roma 2002)

 


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