"Il Compagno segreto" - Lunario letterario.Numero 12, settembre 2007 

 


n. 12 °*° W. Shakespeare : Fantasmi di Amleto  °*° n. 12

22.  Quando si depotenzia la vendetta

 


 

«…l'appello farsa che ha richiesto ben 15 minuti di delibere, l'esecuzione, sono pantomime organizzate per dare una parvenza di legittimità giudiziaria alla vendetta finale del vincitore contro il vinto, soprattutto contro l'uomo che aveva tentato di uccidere il mio papà».

(V. Zucconi, La strategia della vendetta, in la Repubblica, 30 dicembre 2006)

 

«…when it came to execute him [Saddam Hussein], it looked like it was kind of a revenge killing.»

(G. W. Bush, 2007)

 

«Se oggi, in questo momento particolare della nostra storia, siamo ancora incapaci di leggere nell’Amleto l’opposto dell’idea di vendetta, chi mai saprà farlo?»

(R. Girard, Shakespeare. Il teatro dell’invidia, Milano 2002)

 

 

«E’ grazie alla lettura sacrificale dei Vangeli che la cultura cristiana ha potuto svilupparsi. Nel Medioevo, ad esempio, i principi del Vangelo s’accordavano, superficialmente, con l’etica aristocratica dell’onore e della vendetta privata. Nel Rinascimento, questo edificio cominciò a crollare, e Shakespeare è uno dei testimoni  principali di tale avvenimento. Anche dopo la scomparsa di faide, duelli, e altri simili costumi, la cultura cristiana non si è mai distaccata del tutto dai valori legati alla vendetta. Sebbene cristiani di nome, gli atteggiamenti sociali degli uomini restarono di fatto estranei all’autentica ispirazione giudaico-cristiana.

Questa ispirazione non è mai venuta meno, ma spesso è diventata troppo debole per opporsi vittoriosamente ai compromessi prevalenti nelle diverse epoche storiche, e anche solo per acquisire una piena consapevolezza di se stessa. Il suo influsso è stato quello di una forza ambigua e senza nome, che è potuta apparire come una sovversione strisciante di ogni valore e atteggiamento sociale.

 

(…)

 

Nell’Amleto l’assenza stessa di qualsivoglia perorazione contro la vendetta annuncia il malessere del mondo moderno. (…) …abbiamo l’impressione che nessun revenge play, per quanto critico sulla vendetta, possa far vibrare una corda veramente profonda nella psiche dell’uomo moderno. In realtà, la questione non è risolta una volta per tutte, e lo strano vuoto al centro dell’Amleto diventa un’espressione simbolica del nostro malessere moderno e occidentale, non meno forte dei tentativi più brillanti di definire il problema – penso evidentemente alla vendetta sotterranea di Dostoevskij o al ressentiment di nietzsche. I nostri «sintomi» assomigliano sempre a quella innominabile paralisi della volontà, quella ineffabile alterazione del carattere di cui è vittima Amleto, e con lui la maggior parte dei personaggi dell’opera. I metodi tortuosi della loro politica, i complotti bizzarri da loro orditi, la mania di vedere senza essere visti, un gusto marcato per il voyeurismo e lo spionaggio, e il virus che in generale infetta l’insieme dei rapporti umani – tutto ciò descrive molto bene quella terra di nessuno tra vendetta e non vendetta in cui noi continuiamo a vivere.

Claudio assomiglia ad Amleto nella sua incapacità di esercitare contro i suoi nemici una vendetta immediata e pubblica. Il re dovrebbe reagire in modo più esplicito e deciso all’assassinio di Polonio, che dopotutto era il suo consigliere privato: per Claudio, il crimine era stato un affronto personale. I motivi della sua esitazione, che si fanno sentire solo in segreto, possono essere diversi da quelli di Amleto, ma il risultato finale è lo stesso. Quando Laerte gli chiede perché l’assassinio rimane impunito, Claudio risponde con un certo imbarazzo.»

 

(R. Girard, Shakespeare. Il teatro dell’invidia, Milano 2002)

 


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