Amleto - E sempre
il dito sulle labbra, vi prego. Il tempo è fuori sesto.
(Atto I, sc. 5)
«Se questo mondo esiste, non è
perché sia migliore, è vero piuttosto il contrario, è il migliore in
quanto esiste, perché è il mondo che c’è. Il filosofo non è ancora un
Investigatore come diverrà con l’empirismo, e tantomeno un Giudice
come accadrà con Kant (il tribunale della Ragione). E’ un
avvocato, è l’avvocato di Dio: difende la Causa di Dio, come indica
il termine che Leibniz inventa, «teodicea». Certo, la
giustificazione di Dio di fronte al male è sempre stata un luogo
comune della filosofia. Ma il Barocco è un lungo momento di
crisi in cui la consolazione ordinaria non funziona più. Si assiste a
un crollo del mondo, che l’avvocato deve ricostruire, esattamente come
prima, ma su un’altra scena e in base a nuovi principî capaci di
giustificarlo (donde la giurisprudenza). L’enormità della crisi va
controbilanciata da un’esasperazione della giustificazione: il mondo
deve essere il migliore, non soltanto nel suo insieme, ma in tutti ni
dettagli e in tutti i casi. E’ una ricostruzione perfettamente
schizofrenica: l’avvocato di Dio convoca dei personaggi che
ricostituiscono il mondo grazie alle loro modifiche interne,
dette “autoplastiche”.»
(G. Deleuze, La piega.
Leibniz e il Barocco, Torino 2004)